martedì 27 luglio 2010

Responsabili falsi eroi


di Andrea Passamonti
Una volta assumersi una responsabilità significava mettere in gioco la propria vita. Ne sa qualcosa Giordano Bruno, che al rogo fu messo perché i propri studi contrastavano con l'autorità dei Santi Padri, nonostante questi fossero «meno de' filosofi prattichi e meno attenti alle cose della natura».
Oggi, purtroppo o per fortuna, l'assunzione di responsabilità non comporta grandi impegni (soprattutto fisici) e non è diventata altro che uno strumento per discolparsi da qualunque errore si abbia commesso, senza avere la voglia di ascoltare critiche o analizzare il perché lo si è fatto. L'ipotetico imputato evita il processo dichiarandosi colpevole (di una colpa di cui non è neanche troppo convinto) e questo gli basta per sentirsi in pace con la propria coscienza, apparendo agli altri come povera vittima sacrificale di se stesso.
Capita spesso quindi di confondersi e confondere: si fa credere di aver preso una decisione rischiosa e importante quando in realtà si è deciso di affidarsi a quella più semplice e meno onerosa. È un atteggiamento molto frequente, forse proprio per la possibilità, da parte di chi lo assume, di sentirsi un eroe anche quando tutto farebbe pensare il contrario.
Ultimo tra i falsi eroi è il nostro ex ct Marcello Lippi che la responsabilità del disastro mondiale se l'è presa subito, discolpando giocatori e staff, come se ci potesse essere un altro colpevole della disfatta. Lippi però è in buona compagnia.
Che dire di Abramo, il primo patriarca dell'ebraismo? Grande responsabilità quella di sacrificare il proprio unico figlio (salvato per il rotto della cuffia) sotto ordine del proprio unico Dio. Forse un po' più coraggio ci sarebbe voluto per dire a quell'unico Dio di divertirsi a fare quei giochetti con qualcun altro.
A volte è da persona più saggia confessare che il coraggio di prendere una decisione più difficile non lo si è avuto. È il caso di Galileo, che abiurando ha evitato di fare la stessa fine di Bruno a Campo de' fiori, di Celestino V, il Pontefice del gran rifiuto, Ponzio Pilato... Questi uomini saranno forse sommersi dai rimpianti perché vinti dalla propria mancanza di coraggio, ma non si sono illusi di appartenere alla categoria dei coraggiosi.
Non c'è coraggio in una persona che prende decisioni semplici, senza rischi, e che non comportano danni a se stessa. C'è paura. E a nulla serve prendersi la responsabilità di una decisione del genere credendo di essere un eroe, perché è del tutto logico che questa non può essere di nessun altro se non di chi quella decisione l'ha presa.

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