martedì 28 dicembre 2010

Berlusconi – Don Gelmini: conforto natalizio


di Matteo Napolitano

“Io sono la prima vittima di diffamazioni”. Esordisce così il Premier Silvio Berlusconi in diretta telefonica con la comunità incontro di Amelia in provincia di Terni e dall’altra parte della cornetta, ad interloquire con il Presidente, c’è don Pierino Gelmini l’ex sacerdote, nonché responsabile della struttura, indagato negli anni scorsi, precisamente nel 1971 e nel 2007, per emissione di assegni a vuoto, truffa, bancarotta fraudolenta e molestie sessuali nei confronti di minori avvenute nel lustro 1999-2004. Si sa però che il Natale arriva ad edulcorare qualsiasi cosa, anche i reati.
Tra i due sono volate autentiche parole d’amore e di stima reciproca, infatti laddove il Premier diceva: “Continueremo a governare fino al 2012” don Pierino rispondeva: “Tieni duro, tieni duro”, affermazione peraltro estremamente “azzeccata” viste le vicende sessuali in cui è implicato il Presidente del Consiglio, e laddove don Pierino ricordava: “Anch’io sono vittima di vicende giudiziarie infamanti” il Premier commosso lo incitava a: “Tener botta”, altra affermazione estremamente “azzeccata” per le stesse vicende ricordate poc’anzi.
Nonostante il momento difficile però, Berlusconi ritiene comunque di essere “sereno” e tornando a parlare della situazione politica del paese ribadisce che senza la fiducia approvata il 14 dicembre l’Italia si sarebbe ritrovata nel caos più totale e che quei tre voti, concessi gentilmente dalla ditta Scilipoti e co., hanno permesso di confermare la legittimità a governare evitando, in un periodo di crisi globale, una campagna elettorale molto dura che avrebbe sicuramente condotto alla “speculazione internazionale”.
Il fiducioso Premier e l’aitante ex sacerdote si sono poi intrattenuti a parlare dell’istituto scolastico e professionale “Silvio Berlusconi” che la comunità incontro ha istituito nel 2005 vicino Bangkok in Thailandia, ricambiando l’affetto dimostrato da Berlusconi in occasione dell’ottantesimo compleanno di don Gelmini, quando strappò un assegno da 5 milioni di euro; indimenticabile inoltre fu il ruolo di Gasparri in quell’occasione poiché venne insignito del ruolo di presidente del comitato per l’organizzazione dei festeggiamenti.
Prima di riagganciare, in vero clima di buonismo natalizio, don Pierino ha fatto parlare Silvio con tre ragazzi thailandesi a cui sono state promesse delle borse di studio per poter crescere e formarsi in Italia, e soprattutto, al fianco del buon Gelmini (con la speranza di non essere palpati aggiungerei).
In una famosa reclame natalizia, in onda ormai da molti anni, viene cantata una canzone che recita: “A Natale puoi fare quello che non puoi fare mai”, ma purtroppo mi sento di dire che questo non vale per il teatrino dei politicanti che offrono sempre lo stesso panettone, farcito di buoni propositi e come al solito vuoto dell’intento di realizzarli.

L’Odissea del trasporto pubblico


di Alessandro Lanzi
Nell’era in cui comunicare telefonicamente o tramite internet da un capo all’altro del mondo non presenta alcuna difficoltà, è spostarsi con i mezzi pubblici per qualche chilometro ad essere impensabile.
Chi viaggia da Latina a Roma col treno sa cosa intendo, anche se il problema è nazionale e storico.
Naturalmente ognuno si aspetta che nel futuro le cose migliorino, ma se non si pongono le basi il futuro crolla già nel presente. Facciamo qualche esempio su cosa accadrà nel 2011: verranno tagliati 154 treni su 600 a lunga percorrenza, per i treni pendolari mancherà il 45% delle risorse per garantire il servizio, il fondo del servizio ferroviario locale delle regioni, come previsto dalla finanziaria, non riceverà più 1.215 milioni di euro di finanziamento dallo Stato e naturalmente si continuerà a viaggiare sui soliti ritardatari carri bestiame di 30 anni fa. Dico carri bestiame perché scommetto che tutti coloro che hanno viaggiato in estate, hanno visto almeno una volta l’ambulanza soccorrere qualcuno svenuto a bordo, perché i treni hanno i finestrini bloccati, non vi è l’aria condizionata e si sta tutti accalcati per insufficienza di posti. Intanto il Ministro Matteoli ottiene dalla finanziaria 400 milioni di euro per l’autotrasporto, che nel nostro paese produce il 20% dell’emissione di anidride carbonica. Questa sensibilità tipicamente italiana per l’autovettura, si evince dai dati del Ministero dei Trasporti, che indicano il modo in cui sono stati destinati i fondi raccolti: 70% per strade ed autostrade, 16% per metropolitane e solo il 14% per linee ferroviarie nazionali e regionali. Non dobbiamo poi stupirci se nelle classifiche europee siamo rispetto a Germania, Spagna, Francia e Regno Unito gli ultimi sia per linee metropolitane, sia per linee ferroviarie pendolari, senza parlare della qualità del servizio. I governi che si sono succeduti negli ultimi decenni hanno mostrato una totale incapacità di migliorare questa situazione drammatica, di cui ne fanno le spese quotidianamente i lavoratori e gli studenti, che necessitano del trasporto pubblico, che è inoltre la migliore soluzione all’inquinamento ed al traffico. Sarà forse perché con l’auto blu questo disagio non si prova?

Qui Bontà in Saldo!


di Pierpaolo Capezzera
Passeggiando per Via del Corso a Roma, è possibile scorgere una decorazione natalizia a dir poco particolare: una cinta formato gigante di un noto marchio di moda. Questo meraviglioso fascio di luce cinge il palazzo sul quale è installato, regalando un po’ di vivacità e di colore a quell’arredo urbano forse ormai troppo classico per i più. Continuando a camminare, si può notare che numerose boutiques vendono le proprie griffate decorazioni per l’albero. Fantastiche palle da 5000 euro l’una. E allora, riflettendoci un po’, ecco che si insinua un pensiero maligno: ma a Natale siamo davvero tutti più buoni, oppure siamo semplicemente più adornati? Infatti, anche volendo trascurare quel concetto ipocrita della bontà natalizia (ma perché, se siamo in grado di essere più buoni in questo giorno, non possiamo esserlo sempre?), che va, del resto, di pari passo con l’amore indiscriminato per chiunque, anche il parente o l’amico con cui non parliamo da anni (se non ci sentiamo, un motivo ci sarà!), resta alquanto evidente uno dei capisaldi del Natale del XXI secolo: il consumismo. Questa festa, infatti, (piacevolmente accompagnata da San Valentino, Festa della Mamma, del Papà) non è diventata altro che un correre all’impazzata per comprare i regali più disparati per chiunqu…, pardon! I nostri cari, o prenotare mesi prima le vivande per imbandire la tavola. E da cosa siamo incalzati a farlo? Da sconti, promozioni, pubblicità che ci bombardano dai primi di novembre. Le città si trasformano: inizialmente, possono sembrare un trionfo di gioia e colori ma, osservando più attentamente, esse si mostrano per quello che sono: una fonte incessante di felicità a pagamento. Il simbolo probabilmente più significativo è proprio il beniamino dei bambini, Babbo Natale. Forse molti non ricordano, o ignorano totalmente, che il suo completo rosso e bianco, divenuto simbolo del natale, gli è stato “donato” dalla più grande multinazionale di bevande del mondo, in occasione della campagna pubblicitaria natalizia del 1931. Santa Claus, dunque, da ormai 80 anni, porta gioia e regali vestito da lattina gigante. E noi crediamo ancora che questa sia la festa dei buoni sentimenti?

Vibration Gospel Choir al D'Annunzio


Il 29 Dicembre alle ore 21, presso il Teatro D’Annunzio, si esibiranno i Vibration Gospel Choir, diretti dal Maestro Marco Onorato, in un concerto di beneficenza organizzato dall’associazione” Alessia e i suoi angeli”. I fondi raccolti durante la manifestazione saranno destinati alla costruzione di un dispensario medico a Befotaka, un villaggio del Madagascar.
Per ulteriori informazioni visitate il sito www.alessiaeisuoiangeli.org

martedì 21 dicembre 2010

La mano visibile


di Stefano Pietrosanti
Negli ultimi giorni, una ridda di dichiarazioni incrociate tra Lussemburgo, Roma, Bruxelles e Berlino ha portato sotto i pubblici riflettori una questione di cui – in Europa – si sarebbe dovuto pubblicamente parlare ben prima. La possibilità di strumenti di debito federale per l’Unione Europea.
Gli eurobond - lanciati in diverse salse ora da Tremonti e Junker, ora da Monti e altri- hanno finalmente smosso l’animo dei centri di potere nazionali, sollevando per l’ennesima volta la coperta che pare nascondere la prospettiva dello scontro tra volontà di conservazione dei poteri delle Nazioni e necessità di aggregazione di questi, per la preservazione del ruolo del Vecchio Continente, nell’embrione di Stato Europeo. Ma chi sono i campioni di questo scontro? Da una parte possiamo sintetizzare i “paladini” delle Nazioni nella figura della Merkel: dura, coerente e a mio parere miope nell’irremovibile contrarietà a colorare le Istituzioni dell’Unione delle pur minime sfumature statali; dall’altra, qualche tecnico alle strette con alcune sponde politiche, oggi anche di alto livello. Da una parte un chiaro interesse, una volontà forte e allineata col ruolo del soggetto che la incarna; dall’altra un aggregato la cui voce man mano si chiarifica, ma che si trova nella scomoda posizione di avere il piede in due scarpe. Vorrebbe essere paladino dell’Unione-stato, ma ha come prima fonte di legittimità politica la comunità nazionale di provenienza. Vorrebbe essere paladino dell’Europa, rischia di ritrovarsi disegnato sullo scudo un fuorviante puzzle di Nazioni.
La forte presa di posizione di un uomo come Tremonti è un passo avanti enorme rispetto alla situazione di appena qualche settimana fa, nessuno può negarlo. Ma è anche vero che un uomo come Tremonti è l’archetipo di ciò che scrivevo poco sopra: un uomo facilmente già sazio di esperienze, con la punta del piede a tastare la scarpa Europa volendo mantenere il tallone ben saldo nel vecchio scarpone (stivale?) nazionale. Come è vero che pochi sono i giovani politici disposti a giocarsi la faccia e la carriera sulla speranza dell’Europa, da europei che cerchino la loro legittimità politica nella dimensione europea.
Cosa c’entra con gli eurobond? C’entra pienamente.
Se si propone “eurobond” bisogna dire chiaramente che si sta proponendo una riduzione del ruolo del debito statale. Si immetterebbero sul mercato titoli a credibilità maggiore e a liquidità più certa di qualsiasi titolo di debito nazionale. Se l’immissione dei titoli europei venisse gestita male, all’immissione di simili strumenti sul mercato si rischierebbe un aumento nel costo di rifinanziamento dei debiti nazionali, poiché esisterebbe, su un simile mercato, una credibile e solida alternativa a questi. Non credo sia un rischio che uomini legati alla vecchia sfera nazionale possano assumersi in pieno. La vera unificazione, e quindi anche l’unificazione economica del continente, è improbabile venga fatta fino in fondo, con piena disposizione al rischio, all’innovazione, da chi ha comunque una facile e sicura scappatoia nel suo ambiente politico nazionale.
In ogni caso, ben venga qualunque presa di posizione in favore di una maggiore unità, nella speranza che si capisca la dimensione funzionale della sfera economica rispetto all’unione politica. Il vero motivo di questo scritto è esattamente la paura che – anche riuscissero in tutto quello che sperano – signori come Tremonti e Juncker non trovino il coraggio di fondare un passo avanti dell’integrazione (come sarebbe l’emissione di eurobond) nel terreno della scelta politica, ma si limitino a legare qualche debole radice alla pietra della convenienza tecnica. A questa pietra, simili uomini già legarono l’euro, dando l’assurda impressione che dietro di esso non ci fosse un percorso storico, ma un puro slancio verticistico.
Qui sta, credo, una delle grandi questioni che affrontiamo oggi, ossia il far fronte all’autoinganno che coinvolge soprattutto i membri delle vecchie generazioni in posizioni di potere, ma che in generale è l’autoinganno di tutti coloro che sono o pavidi, o non particolarmente fedeli a un sistema liberale e democratico. Il pensare che non debba più esserci un ragionamento sulle distinzioni, sui limiti delle posizioni, un ragionamento sugli orizzonti (destra e sinistra non vuol dire niente, le distinzioni in politica non vogliono dire nulla, ci dividiamo solo tra ragionevoli e irragionevoli, noi ci limitiamo a “fare” le cose etc); il pensare che l’amministrazione della cosa pubblica non nasca dall’istituzionalizzazione dello scontro tra differenti visioni in un quadro costituzionale comune, ma dalla semplice applicazione di soluzioni prodotte a livello tecnico da una classe politica che le presenta sempre come le uniche possibili e che appena ottiene qualcosa, sembra non vedere l’ora di presentarlo non come una conquista, ma come un dato di fatto monolitico che è “fuori discussione” che “è un punto di non ritorno” e così via proseguendo nella fiera del non senso, dato che i “punti di non ritorno” sono i più mitici UFO della storia politica.
Questo anche perché, a livello economico, è impossibile negare l’esistenza di una “mano visibile” della politica che, pur nel caso si limitasse solamente a definire e pulire il campo d’azione della mano invisibile, comunque esisterebbe perché esiste una comunità da cui si genera l’economia. Proprio perché la mano invisibile dell’economia non abbia a subire danno da quella visibile di cui sopra, è bene che questa sia impegnata nel suo compito: la progressiva costruzione di nuovi progetti di vita comune, invece che presa da scatti improbabili, come posseduta da personalità multiple che a volte si esprimono (come d’altronde evidenzia la recente lettera di richiamo della Bdi alla Merkel) in gesti di dubbio gusto.

Claudio Moscardelli si racconta su Facebook


di Martina Nasato

D:Immagini il suo primo giorno da Sindaco: cosa farebbe?
R: Riunione con tutti i dirigenti per verificare le attività in corso e per affrontare problemi urgenti come i servizi, a partire dai rifiuti e dalle emergenze relative al sociale.
D: Attualmente lei ricopre la carica di Consigliere Regionale: se vincesse le primarie si dimetterebbe per concentrarsi sulla sua candidatura a Sindaco?
R: La presenza in Consiglio Regionale aiuta a risolvere alcuni problemi per Latina come i numerosi finanziamenti ottenuti e che debbono essere realizzati in opere; così per questo bilancio ho presentato alcuni emendamenti per interventi anche per la Città di Latina. Mi dimetterò non appena eletto Sindaco.
D: Lo sguardo di molti latinensi è puntato sulla centrale nucleare: per alcuni una spada di Damocle, per altri una risorsa da sfruttare. Quali sono le sue posizioni al riguardo?
R: Sono contrario alla costruzione di una nuova centrale ed è sbagliato aver deciso di riprendere il programma nucleare con le attuali centrali per avere tra 15 anni la copertura del 7% del fabbisogno energetico. Oggi è preferibile investire gli oltre30 miliardi di euro previsti in fonti rinnovabili e risparmio energetico come gli USA e l'Europa e sulla ricerca per il nucleare di quarta generazione: centrali sicure. Sono stato tra i promotori della mozione approvata in Consiglio Regionale del NO al nucleare del Lazio
D: La facoltà di Ingegneria a Latina sembra costantemente sul punto di chiudere, recentemente è stata anche occupata dagli studenti. Quali gli interventi possibili per evitare una perdita simile?
R: Ho incontrato più volte il Rettore Frati e sono stato promotore di alcuni incontri con Camera di Commercio e Banche disponibili ad impiegare risorse del territorio per l'Università. La precedente Giunta è rimasta inattiva. Per la crisi attuale ho nuovamente incontrato il Rettore Frati che mi ha assicurato la destinazione delle risorse dell'Università per Latina e per Ingegneria. Gli ho sottoposto due progetti che lo hanno trovato d'accordo: Polo tecnologico per ricerca da applicare ad imprese e Biblioteca universitaria e comunale a Palazzo M.
D: Vuole aggiungere qualcosa?
R: I primi interventi da Sindaco saranno il Piano delle opere pubbliche dedicato ai servizi nei quartieri e nei borghi, le aree per l'edilizia popolare e in cooperativa, la modernizzazione della macchina amministrativa per risposte rapide ed efficaci a cittadini e imprese (carta magnetica personale per ogni cittadini per i certificati da ritirare in sportelli tipo bancomat nei quartieri e nei borghi e sportello unico attività produttive per snellire procedure). Oltre alla Biblioteca a Palazzo M, il progetto Casa della Musica e delle Arti ai capannoni dell'ex Consorzio Agrario e progetto per i servizi sociali e di messa in rete del volontariato per ampliare i servizi e rispondere alle emergenze.

L’importanza di non essere leghisti


di Riccardo Di Santo
Mentre nelle scorse giornate la televisione, la radio e la maggior parte dei restanti mezzi di comunicazione erano occupati da un dibattito totalmente fine a sé stesso, dato che coloro ai quali viene sempre rifilata la cosiddetta fregatura siamo sempre noi cittadini, un gruppo politico contraddistinto dai suoi modi al di là della decenza spingeva affinché l’ultimo decreto attuativo dell’ormai celebre “Federalismo Fiscale” venisse approvato. Missione compiuta. Possibile, si chiede il sottoscritto, che fra i tanti dibattiti, fra le tante parole sciocche buttate al vento, nel nostro parlamento nessuno si accorga della pericolosità di questo gruppo che dall’87 ad oggi persegue intenti chiaramente sovversivi a danneggiamento della nostra Repubblica? Stiamo ovviamente parlando della Lega Nord, dei suoi rappresentanti, nonché del suo seguito elettorale. Ora non so quale sia l’idea degli altri partiti, cioè se considerino la Lega come un necessario alleato con cui sopravvivere (vedi Governo Berlusconi) oppure un interlocutore politico importante, in virtù della forza elettorale (8/10% di voti tra politiche ed europee). Fatto sta che, mentre i suoi rappresentanti compivano a gran voce atti di estremo vilipendio in tutto ciò in cui un cittadino italiano medio crede, il suo gruppo al parlamento silenziosamente cresceva e proporzionalmente chiedeva sempre di più. Tanti anni sono passati da quel lontano 1994, in cui la Lega partecipò al suo primo governo, ad oggi; ma il cambiamento si è notato eccome. Federalismo, ministeri spostati al Nord, separazione fiscale e demaniale, xenofobia e italofobia portate alle massime conseguenze. Se c’è qualcuno che sia interessato a salvare l’italia (PD, Idv, SE, Udc) batta un colpo.

Roberto presenta Benigni


Il giorno martedì 28 dicembre ’10 alle ore 17.30 presso la sede dell’associazione culturale “Stoà” di Latina in via C. Battisti, 21 verrà proiettato il lungometraggio “Roberto presenta Benigni” (74’) lo speciale, prodotto da Cinecittà Entertainment per Sky Cinema, che ripercorre in sette capitoli la straordinaria carriera artistica del regista e attore italiano più conosciuto nel mondo.
Per ulteriori informazioni sull’evento invito a visitare il sito dell’associazione all’indirizzo http://www.wow-art.it/.
Partecipiamo numerosi e buone feste!

martedì 14 dicembre 2010

Cultura: panacea di un Paese malato


di Claudia Giannini
La cultura è l'urlo degli uomini in faccia al loro destino, sosteneva Albert Camus. E mi sento di interpretare quest’urlo come alternativa costruttiva rispetto alla finitezza umana. Cioè a dire, di fronte al memento mori dei monaci trappisti, possiamo opporre una ricchezza di vita costruita giorno dopo giorno con la cultura, intesa in senso lato come conoscenza del mondo umano in particolare e della natura in generale.
Di fronte a questa perla di Camus, è facile sentirsi atterriti in quest’Italia di inizio millennio dove la cultura, fresca di nuova vita popolare conquistata a duro prezzo nel Novecento, viene considerata alla stregua di un surplus rispetto alle esigenze della società. Specchio di questo atteggiamento è la politica scolastica e universitaria che è stata intrapresa da questo Governo e, per onor di cronaca, anche dai precedenti che si sono susseguiti. È miope, forse volutamente, chi non capisce come la cultura, soprattutto nella forma dell’educazione e del la formazione scolastica, sia la linfa vitale della nostra società.
Per cultura però si intende, oltre alla scuola, anche il patrimonio artistico che in Italia è fonte di ricchezza economica e non. E Pompei con i suoi crolli è solo l’ennesima dimostrazione dell’abbandono colpevole dei beni culturali del nostro Paese.
In ultimo, triste corollario di una situazione culturalmente arida, è il trionfo del nulla nei mezzi di comunicazione, primo fra tutti nella televisione. È paradossale come lo strumento meritevole di aver unificato in pochi anni un Paese linguisticamente diviso, sia diventato contenitore di nullità riuscendo a mettere in luce gli aspetti peggiori dell’immaginario collettivo, e non penso solo al Grande Fratello.
C’è però, bisogna dirlo, un’altra Italia, che nella cultura ci crede ancora e ci crede come bene pubblico da difendere ad ogni costo. È l’Italia degli studenti sui monumenti, dei ricercatori che vogliono ricercare, dei lavoratori che esigono di poter lavorare. È da questo segnale che si può e si deve guardare a un futuro ricco di cultura che sia pubblica, di tutti.
Su tre livelli quindi, dovrebbe rinascere il programma culturale del nostro Paese: Educazione, arte, comunicazione. Tre pilastri sociali su cui costruire il futuro, sfruttando la ricchezza del web.
Ci vorrebbe un Rinascimento del 2010 e forse la chiave di tutto questo potrebbe stare proprio nella rete, in Internet, oggi unico destinatario, oltre ai libri che non periscono mai, di una cultura popolare e capillare fruibile velocemente da tutti.
È questo l’augurio per il nuovo anno, sperando nel frattempo che la Camera oggi sfiduci Berlusconi, dando un messaggio positivo da cui ripartire.

Twit-intervista a Giorgio De Marchis


di Martina Nasato
Sul suo sito si dice affascinato da internet e dai social network. Noi non ce lo siamo fatti ripetere due volte e abbiamo proposto a Giorgio De Marchis (che a gennaio affronterà le primarie per candidarsi Sindaco di Latina) di sostenere un'intervista su Twitter. Lui è stato al gioco.
D: “Per voi che siete veri eroi cambieremo tutto”: questo è il suo slogan per le primarie. Chi sono gli eroi e cosa cambierà?
R: Gli eroi sono i latinensi comuni, quelli abbandonati dalle istituzioni, che se la sono dovuta cavare da soli senza nessun aiuto. Cambierà tutto.
D: Lei è solito cercare il dialogo con i giovani del capoluogo, ma ha suscitato scalpore il suo intervento previsto per il 19 dicembre a Casapound (De Marchis prenderà parte, assieme ad Antonio Pennacchi, alla conferenza “1932-2011, dalla redenzione alla palude”, ndr) . Cosa risponde a queste critiche?
R: Non avevo dubbi. Casapound mi ha invitato a parlare di Latina e della crisi del governo cittadino, andrò lì a confrontarmi su questi temi. Non vado al dibattito per diventare di Casapound, ma per portare nel dibattito le mie idee, che sono idee di sinistra.
D: Il problema della viabilità cittadina (noi ce ne occupammo parlando delle strisce blu) non è mai stato affrontato seriamente: cosa pensa al riguardo?
R: Che va rivisto totalmente partendo dalla risoluzione del contratto con Urbania. Prima delle strisce blu bisogna pensare all'isola pedonale.
D: Tre opere pubbliche o private che finanzierebbe e tre, fra quelle approvate dalle amministrazioni precedenti, che casserebbe.
R: Finanzierei: un nuovo parco pubblico, un nuovo Palasport, un nuovo Ospedale. Casserei i progetti per la metro, per il porto a Foce Verde, e il project financing per il mercato coperto.
D: Vuole aggiungere qualcosa?
R: Si, vorrei dire ai latinensi che il 16 gennaio hanno l'occasione di cominciare a
cambiare tutto, davvero.

Monicelli: “supercazzola” alla vita


di Matteo Napolitano
“La vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena”. Parlava così Mario Monicelli raccontando i motivi che avevano spinto al suicidio il padre Tomaso, forse era un avvertimento, la descrizione ante litteram della sua ultima “supercazzola” al mondo, lo stesso mondo che il 29 novembre lo ha visto volare da una finestra dell’ospedale San Giovanni di Roma, stanco di un’esistenza che non lo vedeva più protagonista.
Parlare di Monicelli e del suo modo di fare cinema significa parlare non solo di commedia all’italiana ma di un universo costellato di personaggi ironici e grotteschi, quale “Il marchese del Grillo” splendidamente interpretato da Alberto Sordi, di situazioni paradossali, come quelle create dal gruppo Mascetti & co. in “Amici miei”, di impegno politico e sociale, ben visibile nel capolavoro “I compagni”, e in generale di una visione estremamente dinamica dell’essere umano, possiamo ben dire in questo caso “ripreso” da diverse angolazioni.
L’irrefrenabile anticonformismo, il suo allinearsi politicamente con idee “di sinistra”, il suo senso di democrazia e il suo continuo rivolgersi agli”ultimi”, agli emarginati, lo portarono molto spesso a scontrarsi con il mondo accademico, con la parte conservatrice del cinema italiano, infatti lui stesso raccontò, ad esempio, in un aneddoto, che la direzione generale della cinematografia lo fece convocare perché scioccata dal fatto che, nel suo film “Guardie e ladri”, aveva messo in evidenza i problemi comuni che vivevano il ladruncolo da quattro soldi e la povera guardia.
Il regista viareggino vanta nella sua lunghissima carriera più di sessanta pellicole, oltre ottanta film da sceneggiatore e numerose onorificenze tra cui due leoni d’oro al festival di Venezia, tre premi come “miglior regista” al festival di Berlino e una nomination al prestigioso premio Oscar per “La grande guerra” nel 1960. Nel 2000 è entrato peraltro a far parte dei possessori della medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte.
Spero che l’opera di Mario Monicelli continui a vivere nella memoria culturale di questo paese in modo coerente con il suo pensiero e le sue attitudini e soprattutto che non venga inutilmente e superficialmente vituperata da chi, sia in vita sia dopo la morte, non ha accettato e non accetta la sua particolare e lungimirante visione del mondo e della vita. Antani lettori antani!

A cena con Emergency


Lunedì 20 Dicembre alle ore 20 presso la Biofattoria Solidale del Circeo,strada Lungo Ufente,16 a Pontinia (LT) il gruppo territoriale di Emergency di Cisterna e Latina organizzerà una cena al fine di raccogliere fondi per le attività di Emergency. Il costo della cena è di 18 Euro a persona.
Per ulteriori informazioni e per prenotare è necessario contattare i numeri 3207243218 o 3349191103 oppure scrivere a emergency.cisterna@gmail.com

L’Orchestra Tartini al Circolo Cittadino


Sabato 18 Dicembre alle ore 20.15 presso il Circolo Cittadino di Latina si svolgerà il concerto per il Natale di Latina eseguito dall’Orchestra G. Tartini che suonerà musiche tratte da opere di Mozart, Britten, Bernstein, Williams e Strauss.

martedì 7 dicembre 2010

Contro Beata Ignoranza non basta Santa Pazienza


di Pierpaolo Capezzera
Lo slogan risale ad un paio di anni fa, quando la ministrella scese in campo per risollevare le sorti della scuola italiana, ma, essendo la sua lotta tuttora vivida, credo che siano parole ancora oggi attuali. Andando infatti ad analizzare la riforma Gelmini, al di là del tanto decantato abbattimento del potere dei Baroni, si evincono degli spunti a dir poco interessanti: innanzitutto lo stesso problema del controllo baronale. Come mai, infatti, se è vero che il rettore diventa una figura più gestibile a livello statale, è stata proprio la Conferenza dei rettori ad appoggiare il decreto in prima linea? Per un semplice motivo: tale figura potrà reggere l’ateneo e presiedere il Consiglio d’Amministrazione. Scelta pelidea, dunque: meglio una vita breve e gloriosa che una lunga ed anonima.
Un altro punto affascinante, e notevolmente più ampio, è l’aspetto economico della riforma in tutte le sue sfaccettature: nonostante il leitmotiv dell’economicità della sua attuazione, è facile rendersi conto che questa deriva da un impoverimento progressivo dell’istituzione scolastico/universitaria e dei suoi partecipanti: i tagli alla ricerca, il 90% in meno delle borse di studio, 1571 borse di dottorato in meno sono capisaldi dell’azione ministeriale degli ultimi due anni fin troppo evidenti per poter essere trascurati. Nelle ultime settimane sono stati sottratti all’Università Pubblica 900 milioni più altri 100 per il diritto allo studio, probabilmente perché gli studenti seri, stando a casa a studiare, non abbisognano neanche di una struttura adeguata alle proprie necessità, quindi meglio destinare questi fondi al sostenimento delle spese delle 500 disposizioni e dei conseguenti 100 regolamenti attuativi necessari alla riforma. Insomma un circolo vizioso destinato a non finire, mentre si va ad ingrassare sempre più il porco degli atenei privati (i finanziamenti aumentano del 65% circa), nonostante l’art. 33 della Costituzione sancisca che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Senza contare che non si risolve affatto il problema economico che colpisce principalmente la maggioranza degli studenti universitari: la diminuzione dei buoni mensa, la totale assenza di regolazione degli affitti (il prezzo di un posto letto a Roma in una stanza doppia non troppo distante dalle facoltà varia a partire da 300 euro spese escluse), la totale assenza di un rimborso almeno parziale sull’acquisto dei testi (per quanto mi riguarda, ogni esame mi costa almeno 60 euro di materiale scolastico). È chiaro quindi che il presunto regime meritocratico su cui si vorrebbe basare questa nuova Università è in realtà una Meritaristocrazia. Della cara, vecchia Università pubblica, non resta che una carcassa agonizzante dietro la quale aleggia il fantasma di una privatizzazione ufficiosa, alla quale, per essere anacronistici (ma in fondo neanche troppo, visti i tempi moderni) il proletariato non potrà prender parte. E chissà che il prossimo provvedimento non sia la restaurazione della tradizione epistemologica non scritta, vista la propensione all’oralità della cara marchettara dell’Istruzione.

Ubi maior minor cessat


di Alessandro Lanzi
Martedi 30 novembre, insieme a migliaia di altri studenti non studiosi, manifestavo lungo le vie calde e bagnate di Roma, contro “l’epocale riforma” della d-istruzione.
La manifestazione romana ha preso le mosse da tre punti della città, quelli in cui sono situate le tre università, per convergere verso il fuoco: Montecitorio, sede della Camera dei deputati, in cui si è poi votata la riforma.
Il palazzo in quel giorno si era trasformato in un fortino, grazie all’impiego di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, che con le loro (nostre) camionette hanno accerchiato la piazza impedendo l’accesso ai manifestanti, ma al contempo alimentando la tensione, che inevitabilmente è sfociata nella guerriglia pomeridiana.
“Roma come Santiago del Cile ai tempi di Pinochet” dirà il giorno successivo Nichi Vendola e, a mio parere, ha ragione. Sembrava, infatti, di protestare contro una dittatura, che schiera in campo i suoi burattini acefali col compito di respingere e manganellare, mantenendo una totale indifferenza verso le richieste, le esigenze e le sofferenze dei destinatari del malf-atto stesso. Ma, apparentemente, non siamo in dittatura e quindi manifestare deve esserci consentito; sostanzialmente lo siamo, se il potere agisce creandosi la sua isola e prosegue poi ad approvare un testo, su cui nessuno è d’accordo, tranne i figli di papà alla scuola privata, a cui babbo natale Gelmini fa regali.
Le manganellate alla cieca, che ho visto sferrare dai poliziotti a pochi metri da me, in quel giorno hanno risuonato su tutto il territorio nazionale, tutti gli atenei sono stati occupati e le piazze principali assediate. Anche a Parigi, sull’Arco di Trionfo, gli studenti italiani erasmus hanno mostrato uno striscione con scritto : “No al ddl. Riprendiamoci il futuro”.
Intanto il testo approvato alla Camera, deve passare, prima di entrare in vigore, al vaglio del Senato, ma questo verrà effettuato dopo il dibattito sulla fiducia al Governo previsto per martedi 14 dicembre.
Quello sarà il giorno della fiducia discussa tra loro, perché per noi la fiducia verso di loro è fuori discussione.

Università e ricerca: area “privata”


di Matteo Napolitano
“La tendenza generale del mondo è quella di fare della mediocrità la potenza dominante” . Scriveva così il grande filosofo ed economista J.S. Mill nella prima metà dell’ottocento, e non sbagliava.
All’indomani del voto della camera sulla cosiddetta “riforma Gelmini”, la deriva per l’università pubblica italiana sembra essere, ormai, quasi giunta a compimento.
Se il governo riuscirà a superare questo periodo di dissidio ed avrà tempo e forza per varare tutti i decreti attuativi necessari, atti alla completa realizzazione del disegno di legge, ci troveremmo di fronte ad un’università ancora più privatizzata e ancora più sbilanciata a favore di un’illogica generalizzazione dei saperi.
L’ingresso delle imprese nei consigli d’amministrazione degli atenei e nelle fondazioni permetterà ai “maghetti del marketing” di sfruttare gratuitamente laboratori e conoscenze, e di insinuarsi in tutti gli ambiti favorevoli alla crescita dei loro affari, le pressioni opportunistiche di Confindustria e il disordinato attivismo oppositore della CRUI (Conferenza dei rettori delle università italiane) confermano inoltre la tendenza ad una generale eliminazione di tutti quelli che vengono considerati “saperi inutili” ossia, quegli ambiti di ricerca meno incentivati e che, apparentemente, restano infruttuosi per anni.
I ricercatori che in questi giorni sono saliti sui tetti dei principali atenei italiani rivendicano il loro diritto al sapere libero in ogni sua espressione, sia essa considerabile utile o no, e il sacrosanto riconoscimento per il lavoro svolto a livello di studio e di didattica, in fondo, dedicare la propria vita allo studio non può e non deve essere visto come un “suicidio” specialmente in un paese che ancora si professa democratico.
Il ministro Gelmini ha affermato in un’intervista radiofonica che la sua riforma “l’avrebbe finalmente fatta finita con l’egualitarismo del ’68 aprendo nuove strade più meritocratiche”, ma mi chiedo, come ci può essere meritocrazia senza diritto allo studio? Come ci si può meritare qualcosa se non si ha la possibilità di iniziare un percorso seguendo le proprie attitudini? La risposta la lascio ad un paese che spero sia ancora degno di guardare con occhio critico e attento alle proprie risorse. Meritatamente.

Aldo Manuzio, l’àncora e il delfino


Venerdì 10 Dicembre alle ore 17, presso l’Istituto Comprensivo Paritario Preziosissimo Sangue (Latina – Viale XXIV Maggio, 48), verrà presentato il libro di Antonio Polselli “Aldo Manuzio, l’àncora e il delfino”, Herald editore.
Interverranno il Dirigente Scolastico Giorgio Maulucci, il grafico pubblicitario Fabio D’Achille, il Sindaco di Bassiano (città natale di Manuzio) Costantino Cacciotti, il Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Univeristà di Tor Vergata Rino Caputo e il direttore editoriale Roberto Boiardi.