martedì 26 ottobre 2010

Tv: tra orrore e feticismo


di Matteo Napolitano
“Si respira un’atmosfera paradossale qui ad Avetrana, è la prima volta che vedo tutte queste persone, sembra di essere nel grande set di un film dell’orrore”. Esordisce così, quasi sbigottita, una signora che si pronuncia davanti ad una delle milioni di macchine da presa che in questi giorni hanno letteralmente invaso la tranquilla realtà provinciale pugliese di Avetrana.
Ore ed ore di bombardamento mediatico sulla tragica vicenda che ha visto protagonista la giovane Sarah Scazzi, dirette infinite dagli studi di tutte le reti, ammiraglie e non, telegiornali quasi interamente dedicati all’accaduto e poi rubriche, approfondimenti, “Barbara D’Ursate”, stronzate, indiscrezioni e quant’altro serve per generare curiosità, per scatenare la libido del pensionato o del lavoratore in carriera, della casalinga o delle galline e dei galli da bar.
Facciamo tutti parte di questa macchina corsara e consumistica, siamo tutti dentro qualsiasi vicenda, possiamo tutti esprimere un nostro parere, possiamo mandare tranquillamente a farsi fottere Sir Arthur Conan Doyle, i gialli educativi, i film di Hitchcock, non ci interessa niente se non sapere in modo effimero, volere, toccare con mano tutto quello che si può toccare e che non si può toccare.
La voce della televisione è una voce imperante, possente, più forte di qualsiasi testa pelata o quasi pelata, induce le menti al proprio annullamento a quale costo morale? Zero.
Sembrano fantasmi le migliaia di turisti che sono giunti nel piccolo paesino pugliese, si guardano intorno quasi delusi, quasi a dire “certo mi aspettavo di meglio”, forse volevano trovare l’assassino che si aggirava intorno al luogo del delitto con fare disinteressato, le tracce di sangue da seguire, le nuvole basse e i corvi appollaiati sui pali. Quello non è un set purtroppo, è l’immagine di questo paese.
L’Italia è schiava di ciò che detta la scatola nera dei suoi desideri più nascosti, si è parlato tanto di “tv dell’orrore” e bene, bisognerebbe osare di più, non uso mezzi termini nel dire che quello che stiamo osservando attoniti è puro feticismo; ci si sta innamorando in modo compulsivo dello spettacolo della morte, sta piacendo, milioni di italiani stanno godendo nel pensare che probabilmente uno zio incestuoso ha violentato la nipote nell’apassionalità del suo cadavere strangolato, stanno masturbando i loro cervelli con costruzioni e ricostruzioni fasulle, ma è questo che deve accadere, è questo quello che lo schermo vuole e quello che noi chiediamo.
Questo sistema di informazione-distruzione è frutto di logiche ben precise, prima di tutto viene il “guardate, consumate, scannatevi” poi si passa alle controffensive dirigenziali e moralistiche di cui il direttore generale della Rai, Masi, ha dato grande dimostrazione quando ha intimato, davanti alle telecamere, prudenza e rispetto. Prudenza e rispetto oggi? A giorni e giorni dall’accaduto? Dopo aver pensato tutti per un minuto almeno di essere i potenziali assassini necrofili? Incredibile ma sì, oggi.
Pasolini già negli anni ’60-’70 aveva previsto tutto, aveva predetto che “non poteva e non potrà esistere niente di più feroce della banalissima televisione” ed oggi a quarant’anni di distanza dobbiamo dargli ragione, siamo sempre più vuoti, ci stanno azzerando e senza accorgercene stiamo scomparendo, sterili e senza stimoli.
Accendiamo le luci della mente, prendiamo i telecomandi e spegniamo le televisioni.

La funzione legislativa è esercitata dal Parlamento?


di Alessandro Lanzi
L’istituzione che caratterizza gli stati democratici è il Parlamento, in cui siedono i rappresentanti dei cittadini eletti a suffragio universale diretto.
Il parlamento, seppur con modalità differente in ciascun paese, svolge alcune funzioni, tra cui la più importante è quella legislativa, come dettato dall’art.70 della Costituzione.
Copiando le parole dei padri costituenti, poste all’art.70, mi chiedo: la funzione legislativa è esercitata dalle due camere?
Per fortuna il nostro Parlamento ha un sito su cui vengono pubblicati i lavori svolti, quindi, vado a verificare cosa ha fatto nel 2010 per cercare di rispondere all’interrogativo.
Al termine della lettura, il risultato è a dir poco sconfortante. Infatti, se non vi fossero il Governo, che emana una quantità infinita di decreti legge, che necessitano poi di conversione in legge e l’Unione Europea, che emana direttive, che vengono recepite con legge per entrare nel nostro ordinamento, il Parlamento sarebbe disoccupato.
A Gennaio il nostro Parlamento non ha emanato nessuna legge, a Febbraio ha emanato una legge, a Marzo anche, ad Aprile ha emanato tre leggi, di cui una indispensabile per tutti i cittadini, dal titolo “Disposizioni in materia di impedimento a comparire in giudizio” (n.b. impedimento dei parlamentari), a Maggio non ha emanato nessuna legge, a Giugno ha emanato due leggi, tra cui una: “Norme in materia di nomina del comandante generale capo della Guardia di Finanza….”, a Luglio ha emanato tre leggi, tra cui 1- “Disposizioni per l’ammissione dei soggetti fobici nelle Forze Armate” e 2- “ Disposizioni in favore dei familiari delle vittime e in favore dei superstiti del disastro di Viareggio”, ad Agosto sono state emanate tre leggi, a settembre due e infine in questo mese una soltanto.
Il risultato è deludente non solo per l’aspetto quantitativo, solo 16 leggi, ma soprattutto per l’aspetto qualitativo. Ci sono leggi che riguardano nella maggior parte dei casi le forze armate o i parlamentari stessi.
In Italia purtroppo tutto viene disciplinato con il decreto legge, che si badi non è un mezzo di disciplina democratico, perché non è adottato dal Parlamento, ma dal Governo, i cui componenti non sono scelti da noi cittadini.
Questo, tra le altre cose, costituisce violazione del dettato costituzionale, nella parte in cui stabilisce che il decreto legge può essere adottato solo “in casi straordinari di necessità ed urgenza” (art.77. II comma).

Mal tempo: precipitazioni sul mondo


di Pierpaolo Capezzera
“Esiste un tempo cronologico ed un tempo per l’azione”: così i Greci erano soliti considerare. E questa distinzione portava alla formazione di due termini distinti: “kronos” e “kairòs”. Mentre il primo indicava, quindi, la mera scansione cronologica del susseguirsi degli avvenimenti, il secondo rappresentava l’agire, la tensione dell’uomo verso il movimento, ma anche il “momento favorevole”, molto vicino, dunque, al “carpe diem” (“cogli l’attimo”) oraziano. Ed anche la rappresentazione figurativa di questo concetto, offertaci in primis dal bassorilievo di Lisippo, è decisamente significativa: il Kairòs è un giovane alato, con un ciuffo di capelli sulla fronte ma calvo sulla nuca: è dunque un attimo fuggente, rapido, che è possibile afferrare solo quando ci si imbatte in lui. La propensione umana al movimento istantaneo, quindi, è un’occasione che bisogna cogliere al volo, è l’agire di un attimo. Ma come si è tradotto ormai questo concetto nel mondo a noi contemporaneo? Esso si è evidentemente trasformato in qualcos’altro: la cosiddetta “sindrome della fretta”. Sarà perché gli ultimi duecento anni di storia hanno portato ad un’evoluzione ed uno sviluppo sempre più rapidi, o forse perché i mezzi odierni ci mettono a disposizione qualunque cosa all’istante, sta di fatto che l’uomo si lancia nel Negotium trascurando totalmente l’Otium. Non c’è più un momento per riflettere, per pensare, questo agire intellettuale inutile e dannoso che non arreca nessun vantaggio materiale. Siamo ormai ridotti ad automi in incessante movimento, prigionieri di un mondo ormai troppo piccolo per concederci un’oasi di riflessione. Infatti, questa propensione istantanea è diventata piuttosto una propulsione permanente, un correre incessantemente e senza meta. E non bisogna guardare solo ai broker di Wall Street, questi vagabondi in doppiopetto, per averne delle prove: in realtà ogni aspetto della vita dell’uomo, qualunque sia la sua mansione, si è velocizzato ed immerso in una pulsione continua. Incalzate dai media, da un “Governo del Fare”, ci dimentichiamo forse che alla base dell’azione c’è la riflessione: ogni progetto realizzato ha come inizio, appunto, un progetto.

Territorio e Sostenibilità: Patto dei Sindaci e città Intelligenti


Il giorno venerdì 29 ottobre ’10 presso la Sala conferenze del palazzo della cultura di Latina si terrà il convegno “Territorio e Sostenibilità: Patto dei Sindaci e città Intelligenti”.
Dalle ore 15.30 si alterneranno sul palco varie personalità istituzionali e scientifiche per dar vita ad una discussione sul problema attualissimo della sostenibilità energetica per la pianificazione di città sempre più all’avanguardia e a misura degli standard ambientali internazionali.
Si analizzeranno inoltre, con la coadiuvazione di professionisti del settore, le nuove frontiere lavorative che la cosiddetta “Green economy” può raggiungere con la creazione di nuove figure professionali inserite, appunto, nel contesto dell’eco-sostenibilità urbana.
Per il programma dettagliato della manifestazione e ulteriori informazioni rimando al sito web www.latinasostenibile.it
Ascoltare per tutelarci e renderci partecipi di un futuro più tollerabile. Partecipiamo?

martedì 19 ottobre 2010

Ma che ore sono?


di Andrea Passamonti
L’orologio meccanico nacque in Europa alla fine del Duecento e sin dalla sua comparsa, numerosi comuni francesi e italiani iniziarono a gareggiare per accaparrarsi i migliori esemplari.
Già nel Trecento Padova, Genova, Bologna e Ferrara avevano i loro orologi pubblici, forniti tra l’altro di meccanismi in grado di suonare le ore. In questo quadro, gli orologi comunali erano visti come motivo d’orgoglio, tanto che gli abitanti di Lione, in una petizione presentata al Consiglio Cittadino, chiedevano l’istallazione di un orologio pubblico perché in questo modo “la cittadinanza vivrà più lieta e contenta e condurrà un’esistenza più ordinata, e la città ne guadagnerà in bellezza”. Nonostante la qualità estetica, i meccanismi dei primi orologi peccavano, ovviamente, in quanto a precisione.
Latina è una città giovane ed è giovane la sua torre civica. Nulla a che vedere con quelle di altri comuni italiani ed europei. Nonostante questo da più di un mese l’orologio comunale segna l’ora sbagliata (non di qualche minuto, va avanti di circa mezz’ora!) senza che nessuno si degni di correggere l’errore. Così, incerti se la discrasia sia dovuta a un’altra delibera seminascosta dalla giunta Zaccheo che introduce un nuovo fuso orario (d’altronde già Chavez ha fatto qualcosa di simile in Venezuela), i cittadini hanno iniziato a farsi sentire senza però ottenere il risultato sperato: “L’horologe du palais, elle vas comme il lui plait” dicevano i Parigini scontenti dalle prestazioni del loro orologio comunale e noi, un po’ più volgarmente, abbiamo iniziato a unirci al coro.
A questo punto ci si potrebbe chiedere come faccia un’amministrazione che abbia il suo orologio “in disordine” ad amministrare la città con ordine. La domanda sembra poco pertinente, ma i risultati dell’indagine di Legambiente pubblicata ieri da Il Sole 24 ore sembrerebbero affermare il contrario. Latina risulta centesima (su 103 capoluoghi di provincia) nell’indagine sull’ecosistema urbano, nove posizioni in meno dello scorso anno, ultima città del centro nord, un pelo sopra Palermo e quattro posizioni sotto la Napoli dei rifiuti. Un’analisi dettagliata dei dati richiederebbe un altro articolo, ma qui si può dire che per quanto riguarda l’uso del trasporto pubblico, in cui la puntualità è più indicativa, risultiamo di gran lunga ultimi tra le città medie e tra gli ultimi capoluoghi in assoluto per quanto riguarda l’uso di mezzi pubblici pro capite.
Forse allora l’orario anticipato dell’orologio di Piazza del Popolo non è altro che uno scherzo del destino: ci illudiamo di essere qualche minuto avanti, ma in realtà siamo anni indietro.


Oggi le lancette dell'orologio comunale sono tornate a segnare l'ora esatta. Meglio tardi che mai, si potrebbe dire. Speriamo solo che il tempestivo riposizionamento possa essere considerato come l'alba di un nuovo inizio che possa portare la nostra città tra le prime in Italia.

Breviario della costituzione italiana


di Riccardo Di Santo
Essa è il nostro testo fondamentale, la carta che sta alla base di tutto il nostro ordinamento come stato ma anche come popolo, quindi un veloce ripasso della sua composizione non potrà nuocere di certo. La nostra costituzione è composta di 139 articoli, non contando le 18 disposizioni transitorie finali, i quali sono divisi in più parti in base all’argomento che affrontano. I primi 12 articoli sono i principi fondamentali, cardine della nostra democrazia, seguono gli articoli dal 13 al 54, “DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI”, divisi a sua volta in quattro titoli: Il primo dedicato ai “Rapporti Civili”(Artt. 13-28 tra cui diritto d’espressione), il secondo dedicato ai “Rapporti Etico Sociali”(Artt. 29-34 tra cui diritto all’istruzione), il terzo dedicato ai “Rapporti Economici”(Artt. 35-47 tra cui diritto di sciopero, diritto alla libera iniziativa economica ecc.), ed infine il quarto dedicato ai “Rapporti Politici”(Artt. 48-54 tra cui il diritto di voto). Segue la parte seconda che disciplina “L’Ordinamento della Repubblica” cioè che tratta de: Il Parlamento (Artt. 55-69), Il processo di formazione delle leggi (Artt. 70-82), Il Presidente della Repubblica (Artt. 83-91), Il Governo (Artt. 92-96), La Pubblica Amministrazione, Il Cnel, Il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti (Artt. 97-100), La Magistratura (Artt. 101-110), Le norme generali sulla Giurisdizione (Artt. 111-113), Le Regioni, Le Provincie, I Comuni (Artt. 114-133), La Corte Costituzionale (Artt.134-137) ed infine gli artt. 138 (Processo di Revisione Costituzionale) e 139 (“La forma Repubblicana non può essere oggetto di revisione Costituzionale”).

14 mostre per 14 comuni


di Matteo Napolitano
Commosso, posso annunciare che il giorno venerdì 22 ottobre alle ore 10,30 presso il museo Cambellotti si terrà la presentazione dell’iniziativa “14 mostre per 14 comuni” promossa dalla Provincia di Latina e dal consiglio regionale del Lazio.
L’evento consisterà nella presentazione del “viaggio tra cultura, architettura, storia, ambiente e paesaggio dei paesi della pedemontana”, sono previste mostre e approfondimenti che vedranno protagonisti i quattordici comuni attraversati dall’antica linea ferroviaria Velletri-Terracina.
Si partirà il giorno 30 ottobre dal palazzo comunale di Velletri per avventurarsi poi tra novembre e febbraio rispettivamente a: Rocca Massima, Cori, Norma, Bassiano, Sermoneta, Sezze, Roccagorga, Maenza, Prossedi, Roccasecca, Priverno, Sonnino e infine Terracina.
Facciamoci parte del nostro territorio, partecipiamo!

martedì 12 ottobre 2010

A La Sapienza mobilitazione contro il ddl Gelmini


di Claudia Giannini
La Sapienza si mobilita. In particolare le facoltà di Lettere e filosofia, Filosofia, Studi orientali e Psicologia hanno scelto l’arma del blocco della didattica per il mese di ottobre. Questa decisione, votata quasi all’unanimità il 21 settembre scorso è l’ultimo dei disperati tentativi di porre un freno al “perverso processo di aziendalizzazione e depauperamento dell'Università di Stato in atto”, come si legge nel testo della mozione.
Accanto alla sospensione della didattica, altre facoltà hanno scelto vie di protesta meno drastiche ma tutte hanno reagito all’evidente impossibilità, sottolineata dallo stesso Rettore Luigi Frati, di dare inizio all’anno accademico nelle attuali condizioni finanziarie in cui il Governo mantiene l’Università pubblica.
Al centro della polemica soprattutto i tagli indiscriminati alla ricerca. Tagli che risultano ancor più gravi perché, allargando l’orizzonte a un’ottica di progresso nazionale, costituiscono un handicap per lo sviluppo, non solo culturale, ma economico del nostro Paese.
Mentre La Sapienza è sul piede di guerra, la maggioranza di governo cerca di salvare l’incriminato disegno di legge Gelmini, spingendo perché l’approvazione avvenga il prima possibile, magari anticipando la data del 14 ottobre, giorno in cui è prevista la discussione alla Camera dei Deputati.
Eppure lasciando sullo sfondo le manovre politiche, ciò che emerge dal punto di vista della protesta, sono due elementi: da un lato la mobilitazione effettiva dell’università, in particolare di alcune facoltà, arrivando alla decisione drastica della sospensione della didattica. Dall’altro però la triste consapevolezza della poca risonanza che questa protesta sta avendo a livello mediatico.
Sfogliando i giornali, si parla sì di proteste studentesche, in maniera vaga e poco incisiva, ma l’attenzione è tutta focalizzata sulle manovre del Governo e al massimo sulla voce dei Finiani che portano avanti timidi tentativi riformatori del decreto. Non si parla di opposizione, ma ancor meno di mobilitazione popolare.
Se tra le mura de La Sapienza l’idea dominante è quella di aver messo un freno importante all’approvazione del decreto, dall’altra parte, tra la gente comune, informata da tg e giornali, neanche si sente parlare di questa protesta.
È quindi riconfermata l’amara crisi che sta vivendo la libera informazione in Italia. La stridente opposizione tra i problemi reali, in questo caso la riforma universitaria e l’opposizione popolare che sta trovando, e l’informazione veicolata di mass media corrotti.
Tornando quindi nello specifico alla decisione del blocco della didattica, viene da chiedersi quanto sia efficace. Dal punto di vista pratico significa mettere in serie difficoltà i percorsi di studio degli studenti, e solo di alcuni, perché non tutte le facoltà hanno scelto l’arma del blocco. Se a questo si aggiunge la difficoltà di essere incisivi e di squarciare il velo di Maya della comunicazione nazionale, viene da chiedersi se non sarebbe preferibile adottare forme differenti di protesta. In particolare forme che puntino alla sensibilizzazione nazionale, che significherebbe perdita di consensi per la maggioranza e conseguente impatto politico. Il blocco della didattica infatti, è sì un disservizio, ma lo è solo per gli studenti.
Con questo non nego la necessità assoluta di opporsi al decreto che lentamente e perversamente tenta di uccidere l’Università pubblica, con qualsiasi forma di protesta, purché animata da una ratio che tenga conto della situazione del Paese e del modo in cui queste proteste vengono percepite dall’opinione pubblica.
Il fondamento della legge, scriveva Benjamin Constant, filosofo e politico liberale di inizio Ottocento, è sempre extragiuridico. Per cambiare la legge, è necessario quindi cambiare prima l’opinione pubblica che approva e sostiene quella legge.
Arduo compito, qui in Italia, aggiungo io. Dove l’opinione pubblica, più che approvare o disapprovare, semplicemente si lascia trascinare dagli eventi, rifugiandosi in luoghi comuni e arrendendosi alle notizie filtrate dai tg.
Per il momento non ci resta che aspettare, nello specifico che il ddl arrivi in aula.
Lezioni sospese, speriamo almeno che sia davvero utile a salvare l’Università pubblica.

Ricordando Norman: un mese dopo


di Martina Nasato
Che senso ha tornare a parlare di Norman Zarcone a un mese dalla sua morte? Ormai è caduto il silenzio sulla sua triste storia, i giornali non ne fanno più menzione, chissà se è davvero esistito in un mondo che non si ferma neanche più a riflettere. Ricordate quel giovane dottorando siciliano, morto suicida un bel giorno di metà settembre? Si è lanciato dal settimo piano della sua facoltà. Aveva due lauree, in “Filosofia della conoscenza e della comunicazione” e in “Filosofia e storia delle idee”, entrambe conseguite con 110 e lode. Ma nessuna borsa di studio e per lui non c'era posto, glielo avevano detto chiaro e tondo. Avere 27 anni e sentirsi già senza futuro è troppo da sopportare. C'è la crisi, i fondi sono pochi anche per le università. E se non sei “figlio di”, se non hai le giuste conoscenze, le spintarelle, non ti spetta nulla. Non c'è posto per te in un sistema universitario elitario, appannaggio di pochi, specchio di un paese, ormai, per pochi eletti (nel vero senso della parola) e per la loro corte. Non importa quanti sacrifici abbiano fatto i tuoi genitori per farti studiare: la precedenza è data alle amicizie. Vieni da una famiglia onesta, sei bravo e preparato, ma non c'è posto per te. Il padre di Norman l'ha definito “un omicidio di Stato”. Come dargli torto? Suo figlio è stato spinto giù da questo grande e ridicolo circo che è l'Italia e da un sistema agonizzante tenuto in piedi con forme di terrorismo psicologico.
Il Ministro Gelmini, adesso, vorrebbe farci credere che la sua riforma spazzerà via il marcio che c'è nel sistema universitario italiano, portando con sé una ventata di meritocrazia. In realtà sarà il contrario, è giusto che si sappia. Ancora una volta saranno favoriti i ricchi, i potenti e i raccomandati. Molti atenei italiani sono in rivolta, ma nessuno lo dice. La cultura si ribella, in nome di nuovi ideali e in nome di Norman, ormai simbolo di una generazione.

Satiriasi


di Stefano Pietrosanti
Ultimamente, in terra littoria, capita di sentire il nome di Merlino[1] come conferenziere in vari incontri che coinvolgono pugnaci gruppi di estrema destra. Che non sia noto a tutti il potere maligno celato dietro questa innocente collaborazione è l’evidente segno delle forze pluto-giudaico-massoniche coalizzate per sradicare le tradizioni della nostra antica società: dopo aver eliminato sagge iniziative come il rogo di streghe, aver concesso la patente alle donne (ahinoi!), aver permesso a Gad Lerner di convertire il mondo alla selvaggia abitudine del botton-down slacciato, eccoli che minano la prode, minoritaria, balda, autarchica e romana resistenza, con note serpi della plutocrazia: il Mago Merlino! Creatura pericolosa del massone Walt Disney, è stato inviato a confondere la mente dei fieri legionari, ma i nostri resisteranno. Continuano - fieri ed eroici - a non capire che diamine dica.


1 In realtà ex attivista di gruppi di estrema destra ed estrema sinistra ai tempi del movimento studentesco, oggi professore di filosofia in pensione.

XII FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CIRCO “CITTA’ DI LATINA”

di Lucia Orlacchio
Anche quest’anno si aprirà il magico sipario del Festival Internazionale del Circo “Città di Latina” dal 14 al 18 Ottobre in via Rossetti: giovani artisti di 18 nazionalità si esibiranno con numeri di altissimo livello per conquistare i premi “Latina d’oro”, “Latina d’argento”, “Latina di bronzo”.
Dalla sua nascita ad oggi il Festival si è trasformato in uno degli eventi più importanti dell’intero panorama circense mondiale. E’ dunque un grande motivo di prestigio per la nostra città che in questi giorni è nel vivo dei preparativi: le strutture locali alberghiere e commerciali accoglieranno artisti, ospiti e appassionati del Circo provenienti da tutta Italia. Il Festival cosi promuove l’economia di Latina senza però trascurare le implicazioni che può avere anche sul piano culturale e sociale. Questa edizione del Festival si contraddistingue infatti per la presenza di nuovi eventi collaterali tra i quali: “Circus Expo” esposizione d’arte a tema circense, all’interno della quale spiccano le collezioni del Museo d’Arte Circense di San Pietroburgo e del Centro Educativo di Documentazione delle Arti Circensi di Verona; i progetti “Artists Welcoming Committee” e “Circo e diversamente abili” sostenuti dai ragazzi volontari dell’associazione “L’Aquilone”,che promuovono lo scambio culturale tra giovani di Latina e giovani artisti e accompagnano ospiti diversamente abili nel mondo del Circo; l’incontro tra l’European Circus Association e la Federazione Mondiale del Circo sul tema di legislazione riguardante la detenzione di animali nei circhi; infine la collaborazione con l’Università degli studi di Roma “Sapienza”per i progetti di accoglienza di studenti Erasmus e di tirocini formativi per studenti e laureati.
Questo straordinario spettacolo giunge cosi alla XII Edizione grazie al costante impegno dell’Associazione Culturale “Giulio Montico”,che anche quest’anno regalerà a Latina cinque giorni di cultura,arte e divertimento.

lunedì 11 ottobre 2010

NOI SIAMO LA RANA


di Gabriele Primavera
Nel tardo Ottocento, un entourage di ricercatori della John Hopkins University condusse un esperimento alquanto bizzarro, ma che oggi è propedeutico, almeno, all'apertura di questo articolo.
I ricercatori hanno dimostrato, tramite prova diretta, come una rana, lanciata in una pentola d'acqua bollente, esca in tutta fretta per salvarsi la vita. Fin qui nulla di strano.
La scoperta risiede nell'aver provato che una rana, posta in una pentola d'acqua fredda, ma riscaldata pian piano e costantemente, alla fine si troverà morta bollita.
Quella rana morta bollita, oggi, è proprio il popolo Italiano.
Le nuove chiuse comiche del nostro Premier, ai danni di un credo religioso ed una rispettabile Parlamentare, sono solo il sottoprodotto industriale di un lungo processo di lobotomizzazione di massa, che non c'ha portato ad altro se non allo stato attuale delle cose. Un processo che ci ha coinvolti tutti, indistintamente.
Oggi i parolai, soprattutto negli ambienti vicini alla sinistra, che popolano i media a senso unico (ma anche quelli più partecipativi, come il web), gridano allo scandalo esclusivamente quando l'On. Berlusconi si presta ai risvolti della ormai celebre "politica del cucù", più traducibile come "politica da baretto".
Se fossimo stati buttati nella pentola con l'acqua già bollente, probabilmente ci saremmo accorti di quanto il modo di Berlusconi di gestire i rapporti interni/esterni, a livello mediatico, sia solo una distrazione; una marionetta atta a convincerci che l'acqua è fredda, e che le nostre sono "ustioni percepite".
Invece, grazie all'imbarbarimento e al servilismo mediatico ed istituzionale di questo Paese, oggi ci troviamo a discutere della "coerenza ideologica" delle "bestemmie" di Berlusconi, delle barzellette machiste, dei cucù alla Merkel, di kapò, di leggii rotti, di abbronzati e quant'altro.
Poco importa se Berlusconi, con la sua corte di lacché, abbia in 20 anni di vita pubblica portato l'economia al collasso, ridicolizzato un Paese sul piano internazionale, macellato scuola e ricerca, abbattuto l'innovazione, varato leggi liberticide, autoritarie e classiste (quando non ad personam), perpetuato l'omicidio ed il razzismo di Stato, violentato l'ambiente con infrastrutture inutili e pericolose, ucciso la cultura tramite le sue TV scadenti ed i tagli a livello governativo e ghigliottinato salari e pensioni.
Noi, noi Italiani, siamo la rana bollita; e, a quanto pare, continueremo a scandalizzarci per delle barzellette che, storicamente, non hanno mai ucciso nessuno. Per quanto di pessimo gusto.

martedì 5 ottobre 2010

Dal Vangelo secondo Silvio


di Pierpaolo Capezzera
Sarà forse per influenza del palinsesto delle sue emittenti televisive, costellato di trasmissioni umoristiche; sarà forse per la smania di guadagnarsi la simpatia della popolazione; o sarà forse per la sua tendenza naturale a ridicolizzare, con la sua verve da pagliaccio, se stesso e lo Stato che rappresenta, fatto sta che il nostro (nostro? Mio non di certo) premier, l'On. Silvio Berlusconi, ci ha da sempre abituati alle sue esternazioni “giullaresche”. E così, tra un'investitura divina, e un contesto sovrannaturale nel quale Dio stesso sottoscrive un contratto come suo Vice in Paradiso, il Cavaliere ci ha regalato la sua ultima perla, venuta alla luce grazie a dei video-scoop de La Repubblica e L'Espresso: nel primo filmato, infatti, il caro Presidente, probabilmente investito da Luce divina, nel pieno della sua carica di “Unto dal Signore”, decide di oltraggiare il suo stesso Untore, in conclusione dell'ennesima battuta rivolta alla Bindi e creata, ad immagine e somiglianza, sulla base di una barzelletta antidiluviana. Nel secondo “reperto” invece, rispettando i capisaldi della fratellanza cristiana e sbandierando lo stendardo del suo “Partito dell'Amore”, ci delizia con una barzelletta di dubbio gusto, giocando tra la Shoah e la proverbiale avidità giudaica. Stranamente, la comunità cattolica e quella ebraica non hanno ben accolto la simpatia dell'homo hilaris, ritenendo offensive ed irrispettose le sue parole. Per fortuna è prontamente corso in aiuto Don Fisichella, spiegando che il tutto va giudicato in base al contesto, in questo caso informale. Ma a questo punto sorge un dilemma: essere fervente cristiano, cattolico praticante, amante del prossimo (per carità, platonicamente parlando) è un contratto a tempo determinato? Esiste un Credo a disco orario? Oppure se un individuo sostiene di aver Fede in qualcosa (e qui non ci si riferisce al TG4), e oltretutto offende ed attacca chi non fa lo stesso, difendendo quindi con i denti il proprio Dio, è anche temporaneamente autorizzato ad oltraggiarlo, se il contesto è scherzoso? Ecco dunque l'ennesimo tentativo di occultare quanto di bieco è contenuto in un uomo tanto piccolo eppur dannoso (ma chi ha detto che nella botte piccola c'è il vino buono?), questo politico in miniatura che da troppo ormai avvelena il nostro Paese, lasciandoci alla mercé delle risate altrui giorno dopo giorno. E allora: “Un imprenditore milanese, sull'orlo della bancarotta, decide di scendere in campo, sfruttando le sue conoscenze statali e “parastatali”, per salvare baracca e burattini. Una volta risollevato ed ampliato il proprio impero, grazie a leggi preparate ad hoc dai suoi scribacchini di corte, continua ad usare lo Stato per i suoi fini personali, e ad ingraziarsi, allo stesso tempo, la popolazione grazie alle sue esternazioni trimalchioniane, rendendo la nazione che governa il suo Monopoli formato Jumbo.” E' una barzelletta? No, è l'Italia. E non fa ridere.

Napoli: rifiuto politico


di Matteo Napolitano
Dieci mesi fa sembrava tutto risolto, si gridava al miracolo delle “pattumiere” come un evento epocale da propinare sulle prime pagine di tutti i quotidiani, si è minacciata perfino la credibilità dei piani alti del paradiso. Dieci mesi fa appunto.
A Napoli l’incubo rifiuti non ha mai avuto neanche un accenno di ritorno alla normalità, i roghi per le strade e gli odori nauseanti non hanno mai cessato di esistere anzi, giorno dopo giorno la situazione va sempre più degenerando: cumuli, topi, sacchi abbandonati e sporcizia di ogni genere stanno donando ancora un’immagine raccapricciante di una delle città più belle del mondo, del suo hinterland, delle sue provincie.
Gli impianti che dovevano rappresentare la svolta, l’immagine della bontà servizievole delle amministrazioni e del governo, quindi quelle strutture deputate al trattamento e allo sversamento dei rifiuti, sono in forte sofferenza, addirittura le due discariche di Chiaiano e cava Sari di Terzigno saranno sature entro febbraio.
La raccolta differenziata versa in condizioni drammatiche, l’unica cosa che si differenzia è la posizione degli ammassi di materiale per la strada, infatti si possono osservare in diverse zone della città capoluogo partenopeo e dell’hinterland alcuni spazi occupati, ad esempio, soltanto da pellami lavorati, altri occupati soltanto da distese di computer, altri ancora, utilizzati come cimiteri di scarpe, vestiti ed accessori di vario genere merceologico.
Nei palazzi intanto si discute sulle soluzioni da apportare al più presto per evitare una nuova ondata catastrofica, ci si muove come al solito sul sicuro piano delle accuse reciproche e del cosiddetto “scarica barile”: Berlusconi tuona sulla Iervolino e sull’amministrazione comunista che mangia i bambini e vomita i rifiuti (ormai si sa anche un colpo di vento che gli smuove la parrucca è comunista), mentre dall’altra parte Fortini accusa Bertolaso e Berlusconi, sollecitandoli a prendersi delle concrete responsabilità sulle modalità di smistamento e smaltimento e sulle scelte governative a riguardo. La soluzione guarda caso però, resta uno dei pochi punti su cui non ci si è soffermati.
Un famoso detto recita: “Vedi Napoli e poi muori” ecco, da un po’ di tempo a questa parte ormai e purtroppo può essere tranquillamente modificato in “Vedi Napoli e poi muori… Intossicato”.

Informazioni molto Fini


di Alessandro Lanzi
Chiunque negli ultimi mesi abbia avuto il (dis)piacere di leggere i principali quotidiani nazionali o di ascoltare i telegiornali avrà notato con quale frequenza si sia parlato, e si parli ancora, di Fini.
Il fatto che si parli del Presidente della Camera in merito ad alcune vicende, passate e presenti, di dubbia legalità, da un punto di vista microscopico, non ha nulla di particolare, anzi è giusto che sia così dato il ruolo istituzionale che Fini ricopre.
Quel che a me, invece, maggiormente interessa è la questione osservata da un punto di vista macroscopico, perchè è lì che assume i connotati più gravi.
Premetto che non intendo imbastire una difesa del camaleontico neo-democratico Presidente della Camera, ma effettuare una piccola osservazione su una delle libertà maggiormente importanti all'interno di un paese civile, come quella di stampa e manifestazione del proprio pensiero che, in Italia tutto può dirsi, tranne che libera.
Infatti considerato l'astio intercorrente tra Fini e Berlusconi dall'inizio della legislatura e la volontà di quest'ultimo di disfarsi del nemico alleato, la possibilità di inquadrare queste notizie nell'ottica del diritto dei cittadini di essere informati viene meno, laddove prevale l'interesse privato del Signore delle Telecomunicazioni.
A quanto pare quella libertà d'informazione, che l'articolo 21 della Costituzione intende assicurarci non pare affatto garantita, dato il monopolio che il Presidente del Consiglio esercita, sia a livello privato, sia a livello pubblico.
Naturalmente in Italia un Garante esiste, ma si sa la libertà di informazione è assicurata, tutti possono dire e scrivere ciò che vogliono, (vedi Biagi), il problema sono i soliti comunisti che si lamentano. Come Fini d'altronde.

Notte del Lavoro


Venerdì 8 ottobre 2010 presso lo stabilimento della Nexans-Fulgorcavi di Latina si svolgerà la “Notte del lavoro” organizzata e soprattutto voluta dallo scrittore pontino vincitore del premio Strega, nonché ex-operaio della Fulgorcavi, Antonio Pennacchi.

La serata con ingresso gratuito prevede, oltre i dibattiti, anche la partecipazione del gruppo romano Gronge che, per l’occasione, presenterà alcuni brani del nuovo album “Senile Agitation – A Giovanni Lindo” e non solo. Partecipate numerosi!