martedì 16 novembre 2010

Che te magni!


di Pierpaolo Capezzera
«Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia.». È questo ciò che sostiene il presunto, probabile, prossimo primo mini-stro italiano, l’On. Giulio Tremonti (in linea, dunque, con il suo precedessore), in un momento in cui l’istruzione nel nostro Paese vive uno dei momenti più bui della sua storia. Lungi dall’essere una rivendicazione futurista di rinnovamento culturale, queste parole vanno ad offendere e ferire sempre più la carcassa popolare, oltre che nel portafogli, ora anche sotto il cappello. Perché, infatti, pensare al sapere, quando l’italiano medio trova ormai difficile arrivare alla terza settimana? Perché perder tempo tra cellulosa, vinili e pellicole, invece di pensare a come riempire lo stomaco? Questo sembra chieder(si) il caro Tremonti. Ma la domanda, a mio parere, è tutt’altro che retorica, e pretende dunque una risposta: la cultura non è un mezzo di sostentamento diretto (e anche questo è, tuttavia, un concetto molto discutibile), ma è ciò che ci permette di vivere in modo più consapevole le avversità, quindi anche un periodo di crisi come questo. Bisognerebbe forse anche ricordare che la sua tanto amata economia, senza fior fior di studiosi, filosofi, politici e, più in generale, intellettuali, sarebbe rimasta saldamente ancorata al suo senso originario (“oikonomia” in greco vuol dire amministrazione delle cose domestiche), e dunque un mero badare ai propri affari, rendendo impossibile un sistema ampliato come quello statale. E se, dunque, non è esatto che la cultura non sfama, è vero il contrario: senza cultura non si può vivere: “Gli uomini colti sono superiori agli uomini incolti nella stessa misura in cui i vivi sono superiori ai morti.” (Aristotele). Ma purtroppo questo discorso è, nel concreto, ben diverso: il regime ha paura della cultura, perché essa rende coscienti, trasforma la massa in popolo, consapevole di ciò che lo circonda. “Solo l’uomo colto è libero”, sosteneva Epitteto. E suppongo che la libertà sia più importante della farcitura di un panino.

Nessun commento:

Posta un commento