martedì 22 marzo 2011

No party, no Italia


di Alessandro Lanzi

Pur non essendo un fervido sostenitore dell'unità d'Italia, ho guardato con particolare ammirazione, e forse invidia, le persone che in questi giorni nella Capitale, tra una piazza e l'altra, camminavano con bandiere o abbigliamento tricolore.

Ho avuto la sensazione che i giovani e gli anziani, uomini e donne, che mercoledì sera rivendicavano con orgoglio la Patria, lungo le vie romane, lo facessero con piena partecipazione nel momento del festeggiamento e ne sono stato contento, anche se, devo ammettere, più per il loro entusiasmo, che non per il mio. Sarà forse per ignoranza o per altre mie posizioni, ma al di là della festa in sé, che crea entusiasmo e allegria, mercoledì sera, a questo commercio dell'unità, ero un po' indifferente. Ho avvertito la stessa sensazione che provo nel periodo natalizio, quando tutti sono, chissà perché, più buoni, più calmi e il cristianesimo aleggia nei piatti e nei pacchi regalo.

Anche giovedì la mia sensazione davanti al Parlamento, quando le star sono uscite mostrandosi alla folla “invasata d'Italia”, non è cambiata, ma stava iniziando quel mutamento, che si è completato il giorno dopo. Vedo ministri e personaggi vari, che poltriscono nelle Camere, salire su auto blu seguite da altre auto blu o dagli Agenti di “pubblica” sicurezza. Inizio a vedere i primi segni della mia Italia. Passeggio, anche dopo la passerella, lungo le vie del centro romano, tra la gente che inizia a disperdersi in varie direzioni e incuriosito ascolto i commenti. Da un lato coloro che avrebbero avuto il piacere di vedere il Cavaliere, che non si è visto, dall'altro coloro che hanno ringraziato il cielo di non averlo visto. Tra cui io. Poi ho sentito un commento di un gruppo del Nord rivolto ad alcune persone del Sud che stavano creando un po' di confusione poco più avanti da loro. E infine il giorno capisco il motivo dell'indifferenza. Tutti contro la Lega, che non ha festeggiato l'unità, il Nord che rivendica la sua indipendenza, i ministri che non cantano l'Inno, il ministro della Camera contro l'altra parte del governo. Questa è l'Italia che conosco, quella di tutti i giorni, divisa in lungo e in largo, del tutti contro tutti. Ora non voglio essere disfattista, ma la realtà che vedo, esclusa l'ipocrisia di un solo giorno, è questa. L'Italia malata di mille tumori, che sopravvive al menefreghismo generale con una classe politica che fa gli interessi privati e di parte.

Gaber nella canzone “Io non mi sento italiano” diceva “mi scusi presidente, lo so che non gioite se il grido Italia Italia c'è solo alle partite, ma un po' per non morire o forse un po' per celia, abbiam fatto l'Europa facciam anche l'Italia.” Con queste parole si riassume bene quella che è la situazione italiana nel giorno dell'unità: quando c'è la festa (le partite), tutti siamo o ci sentiamo o ci fa comodo essere italiani, ma quando ci si deve davvero unire per costruire, per far fronte alla realtà quotidiana, rimane solo l'espressione Italia, ma gli italiani della festa sono tutti a dormire.

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