martedì 19 aprile 2011

Roma nel ‘700: il fascino dell’antico


di Lucia Orlacchio
Il ‘700 romano è caratterizzato dalla riscoperta dell’antichità classica, che porta l’Urbe Capitolina al vertice della fama internazionale. L’antico rivive nel XVIII sec. grazie ad una fervente attività di scavo che rende Roma un vero e proprio “cantiere a cielo aperto”: artisti ed intellettuali della modernità cosi si confrontano con il mondo classico che diviene punto di riferimento per le arti, l’erudizione e il gusto.
Tutto questo è ampliamente documentato nella mostra “Roma e l’antico. Realtà e visione nel ‘700” a cura di Carolina Brook e Valter Curzi, allestita nel Palazzo Sciarra, Museo Fondazione Roma. L’esposizione raccoglie 140 opere d’arte e reperti archeologici organizzati in un percorso di sette sezioni, ognuna delle quali riservate ad uno specifico aspetto del rapporto tra Roma e l’antico. Si parte da una prima sezione in cui una serie di vedute inquadrano alcuni dei luoghi più significativi della storia della città che particolarmente appassiona i “gran turisti”. Il visitatore viene poi proiettato nel mondo dello scavo archeologico, fondamentale per il recupero dell’antico, grazie al quale nel ‘700 è tornata alla luce la statua romana “Flora Capitolina”, esposta in mostra. Legato allo scavo è il tema del restauro dei reperti archeologici al quale è dedicata un’intera sezione della mostra. E’ infatti proprio grazie al restauro settecentesco che la Minerva d’Orsay del Louvre di Parigi ha scoperto una nuova dimensione: il panneggiato corpo di pregiato onice dorato, reperto di età adrianea, è stato integrato con parti in marmo bianco d’età moderna. In questa stessa sezione si trovano anche opere che testimoniano la viva attività di vendita e frequente falsificazione delle opere d’arte. Il percorso museale si sofferma poi sulla realtà delle botteghe romane di Cavaceppi e di Piranesi: terracotte, vasi ed incisioni rappresentano l’intensa attività mercantile dei due artisti, in particolar modo del Piranesi, tra i più ammirati del ‘700, che si contraddistingue per la straordinaria capacità di progettazione attraverso l’assemblaggio di frammenti antichi provenienti dagli scavi, che rivivono negli oggetti d’arredo da lui disegnati. Totale dunque è l’immersione nell’antico: le manifatture romane destinate alla facoltosa clientela rinviano chiaramente al mondo classico come mostra il Desert di Valadier, centrotavola pregiato e di grandi dimensioni in cui sono riprodotti oggetti classici in miniatura.
L’esposizione si conclude con un’ultima sezione di statue e dipinti del tardo ‘700. Gli artisti traggono ancora ispirazione dal passato ma la recezione è mutata: Canova apre la riflessione teorica e concettuale sul canone classico, vengono sviluppate le tematiche fondanti la scultura antica ma abbandonate l’imitazione e la copia della forma.
Si realizza così quel salto qualitativo dell’arte, finalmente pronta al confronto paritario con i grandi maestri del passato.

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