di Riccardo Di Santo
Venerdi 13 maggio 2011, è una giornata calda, una di quelle in cui non puoi altro che prendere la bici, indossare le cuffie e pedalare. Cosi ho deciso di andare verso il centro approfittando delle nostre piste ciclabili sconnesse e invase dai rami e delle macchine imbottigliate in una fila interminabile data la fine delle campagna elettorale. Un giro in piazza del popolo, una breve sosta alla Feltrinelli e via di nuovo, finché il mio tour latinense non mi porta dinnanzi al teatro; qui una piccola folla di persone attende in strada circondata da camionette di carabinieri.
Passando nella folla riconosco il volto di una mia ex compagna di classe alle superiori, la saluto e parliamo finché non capisco il motivo della loro presenza li: una manifestazione di protesta contro il premier. Mi guardo intorno: trecento persone scarse di cui trenta contestatori. Nessun pericolo naturalmente per le persone ma solo l’acutizzarsi di uno scontro più simile a quello da stadio che da quello democratico che ha come posta il futuro del nostro paese. Poi una parte ripeterà il discorso degli avversari illiberali, l’altra vedrà che anche a Latina si contesta e tutto rimarrà come prima. Parlo con loro e mi ascoltano tranquillamente, ma nella loro risposta leggo tutta la loro determinazione nonché l’affibbiarmi il titolo di codardo, di quello che protesta solo davanti lo schermo di un computer e non ci mette la faccia. Li capisco, loro sono là ad usare tutta la loro passione per difendere quello in cui credono; ma perché, gli altri che sono lì ad ascoltare il discorso non sono uguali? Dico «guardate oltre a protestare, dovete parlare con queste persone perché sono cittadini, se oggi votano tizio domani voteranno caio dello stesso indirizzo, e se voi qui urlate e basta non vi capiscono, anzi vi disprezzano perché volete impedirgli di ascoltare». Un ragazzo mi risponde, «nessuno mi ha mai dato l’opportunità di parlare». Ciechi che fanno a sassate è l’immagine più adatta alla situazione. Conosco persone che votano a destra e persone che votano a sinistra e anche persone che ormai non credono più al voto: ognuno parla per sé, disprezza l’altro, si crede unico puro e non parla ma urla, non ascolta ma ribatte. Continuate ad urlare se vi fa sentire importanti o vivi ma non cambierete nulla cosi. «Sono le parole più pacifiche che portano la tempesta. Pensieri che giungono con passo di colomba guidano il mondo». F Nietzsche
Passando nella folla riconosco il volto di una mia ex compagna di classe alle superiori, la saluto e parliamo finché non capisco il motivo della loro presenza li: una manifestazione di protesta contro il premier. Mi guardo intorno: trecento persone scarse di cui trenta contestatori. Nessun pericolo naturalmente per le persone ma solo l’acutizzarsi di uno scontro più simile a quello da stadio che da quello democratico che ha come posta il futuro del nostro paese. Poi una parte ripeterà il discorso degli avversari illiberali, l’altra vedrà che anche a Latina si contesta e tutto rimarrà come prima. Parlo con loro e mi ascoltano tranquillamente, ma nella loro risposta leggo tutta la loro determinazione nonché l’affibbiarmi il titolo di codardo, di quello che protesta solo davanti lo schermo di un computer e non ci mette la faccia. Li capisco, loro sono là ad usare tutta la loro passione per difendere quello in cui credono; ma perché, gli altri che sono lì ad ascoltare il discorso non sono uguali? Dico «guardate oltre a protestare, dovete parlare con queste persone perché sono cittadini, se oggi votano tizio domani voteranno caio dello stesso indirizzo, e se voi qui urlate e basta non vi capiscono, anzi vi disprezzano perché volete impedirgli di ascoltare». Un ragazzo mi risponde, «nessuno mi ha mai dato l’opportunità di parlare». Ciechi che fanno a sassate è l’immagine più adatta alla situazione. Conosco persone che votano a destra e persone che votano a sinistra e anche persone che ormai non credono più al voto: ognuno parla per sé, disprezza l’altro, si crede unico puro e non parla ma urla, non ascolta ma ribatte. Continuate ad urlare se vi fa sentire importanti o vivi ma non cambierete nulla cosi. «Sono le parole più pacifiche che portano la tempesta. Pensieri che giungono con passo di colomba guidano il mondo». F Nietzsche
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