mercoledì 1 giugno 2011

Italiani, indigniamoci anche noi!

di Martina Nasato

Siamo tutti un po' indignati, noi della generazione che va dai venti ai trentacinque anni. Indignati perché ci dicono in faccia ormai, senza troppi giri di parole, che la torta è finita, che per noi sono rimaste solo le briciole, e per di più dobbiamo litigarcele. A noi toccherà impastare una nuova torta, avendo a disposizione molte meno risorse, e comunque non godremo nemmeno di quella, perché, considerato il tempo della lievitazione e della cottura, quando la nuova ricchezza da spartire sarà pronta, noi non saremo più produttivi e pertanto non potremo avanzare grosse pretese.
Ce ne è abbastanza per scatenare una rivoluzione, con tanto di ghigliottina. Ma in Italia abbiamo ancora troppi girondini e pochi Robespierre. All'estero, invece, sono già in atto rivoluzioni “verticali” e “orizzontali”. Le prime, partono dagli stessi governi, e interessano per lo più il Nord Europa: riforme, misure economiche, ammortizzatori sociali adeguati per affrontare la crisi economica nel modo più dignitoso possibile. Le rivoluzioni orizzontali, invece, sono quelle che riguardano l'area a sud del Mediterraneo, il Nordafrica. Sono le rivoluzioni del popolo, guerriglia urbana contro governi spesso dittatoriali. Poi, e non è un caso che si trovino a metà fra le due aree geografiche, ci sono delle rivoluzioni “miste” come quella greca e quella spagnola. Quest'ultima in particolare dovrebbe colpire l'opinione pubblica italiana. Gli “indignados” (così si fanno chiamare), sono quasi tutti ragazzi, anche molto giovani, che al grido di “¡Democracia real ya!” hanno letteralmente piantato le tende a Puerta del Sol a Madrid (grossomodo l'equivalente di Piazza di Spagna a Roma), vivendo lì per giorni grazie alla solidarietà dei madrileni. A Barcellona sono stati caricati e picchiati dalla polizia mentre manifestavano pacificamente seduti per terra in una piazza. Prima di essere sgombrati, hanno pulito l'area fino all'ultimo mozzicone di sigaretta, riscuotendo ulteriore stima da parte della cittadinanza. Gli indignados chiedono l'eliminazione dei privilegi della classe politica, il diritto alla casa, misure serie contro la disoccupazione, libertà civili e democrazia partecipativa, una riforma fiscale, un maggiore controllo statale nei confronti delle banche, e la riduzione delle spese militari. Nulla che non servirebbe anche in Italia, tanto che più di qualcuno ha persino parlato degli indignados come di “grillini senza Beppe Grillo”. Un paragone un po' azzardato che può avere qualche riscontro nei contenuti, ma nessuno nella forma, dal momento che nel nostro Paese non si è ancora visto nulla di più incisivo delle manifestazioni del sabato pomeriggio e delle raccolte di firme. Meglio che niente, direbbe qualcuno, meglio niente, risponderebbe qualcun altro. L'ultima speranza è che, data la posizione geografica, l'Italia, circondata da tanti esempi diversi e tutti perseguibili, ne scelga uno, quantomeno per superare l'attuale situazione di stallo. Sarebbe finalmente ora di indignarci anche noi.

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