giovedì 7 luglio 2011

Cronache da una Val di Susa dimenticata: le menzogne dei media generalisti e la repressione militare descritte da chi ci è stato


di Gabriele Primavera
L'oscena disinformazione dei media generalisti sui fatti del 3 luglio in Val di Susa lascia sempre più sconcertati tutti i manifestanti, vecchi, donne, bambini, valligiani, autonomi e pacifisti, che hanno partecipato alla grande protesta contro il cantiere del TAV.
In queste righe non è mia intenzione spiegare il perché non si debba mai mettere in cantiere un'opera così dispendiosa e totalmente a beneficio di pregiudicati e condannati dell'alta finanza: Marco Travaglio, nei consueti 40 minuti del suo “Passaparola” del lunedì, lo ha già fatto in maniera più che esauriente.
Io in Val di Susa, il 3 luglio, c'ero. E vedere i principali quotidiani nazionali, il giorno dopo, lanciare messaggi terroristici come «rivolta dei black bloc», «guerriglia eversiva» e compagnia cantando, mi ha fatto veramente toccare con mano quanto, in Italia, siamo vicini ad un regime autoritario.
Così tutti i quotidiani, compresi quelli considerati di centro-sinistra dal mainstream, hanno tirato fuori la carta “jolly” del «black bloc», che tutto nero, armato e a volto coperto, fa tanta paura alla pace sociale – visto che nessuno si è mai premurato di spiegare cos'è un black bloc, aggiungerei.
Peccato che, comunque, di black bloc in Val di Susa non se n'è visto nemmeno uno; nemmeno l'ombra.
I media generalisti continuano, dunque, nel loro balletto a difesa delle lobby criminali, sottolineando i feriti della polizia (ma non quelli tra i manifestanti), condannando le violenze, paragonando i contestatori dell'area NO TAV alle brigate rosse (sic!).
Ciò che evitano di dire, ovviamente, è che da mesi, in quella valle, si respira un clima da striscia di Gaza: un dispiegamento di forze di più di 4000 uomini, armati fino ai denti e dotati di blindati con torrette mitragliatrici rappresenta una occupazione militare a tutti gli effetti, considerato poi che, a Chiomonte, centro dei lavori, la popolazione arriva a malapena ai mille abitanti.
Molte persone, e Travaglio stesso, hanno poi sbolognato la grande mobilitazione da tutta Italia come «professionisti della violenza», «gente che, quando c'è da far casino, è sempre lì», volutamente tacendo di come la battaglia contro il TAV sia, oggi più che mai, una battaglia simbolo del movimento contro interessi economici che, da sempre, marciano a gran passo avversi alle persone, all'umanità e all'ambiente. La grande affluenza di autonomi, anarchici e centri sociali – ma anche movimenti pacifisti, Movimento 5 Stelle e tanti altri soggetti – è stata, in vero, una grande manifestazione di solidarietà ai valligiani, che si sono vista calpestare la propria autonomia locale dalla violenza organizzata dello stato.
Certo è che la “violenza” che tanto condannano i benpensanti non piace a nessuno, nemmeno a chi ne è attore diretto: dovrebbe esserci altre vie, di dialogo di rispetto delle popolazioni locali, di sostenibilità, perché, personalmente, tornare a casa con la gola piena di sangue a causa dei lacrimogeni (illegali e tirati rigorosamente ad altezza d'uomo) non mi esalta più di tanto.
Ma quando la violenza delle istituzioni, asservite al capitale e non alle persone, si manifesta in tutta la sua arroganza in devastazioni come quelle portate in Val di Susa, è preciso dovere dei locali e di chiunque provi un sentimento di empatia verso i valligiani, resistere al buio e al grigiore degli sporchi interessi di imprenditori senza scrupoli.
La Val Susa è un banco di prova. Dobbiamo essere pronti a difendere la nostra libertà, per quanto «a sara düra»!

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