lunedì 17 ottobre 2011

15 ottobre 2011. Non fermiamoci ai sintomi, curiamo le cause.



di Martina Nasato
 
Sarà che nel nostro Paese nessuno ha più coscienza di classe, sarà che vogliamo essere tutti intellettuali nel senso peggiore del termine, sarà anche che siamo italiani e l'arte del raffazzonare ce l'abbiamo nel DNA. Fatto sta che il nostro 15 Ottobre si è parecchio distinto da quello di tutti gli altri Paesi occidentali. Ma si sapeva, era stato annunciato.

In Italia sono stati fatti grossolani errori di (sotto)valutazione, dal punto di vista mediatico, politico e organizzativo.
Da sabato tutti gli “indignados” hanno rivolto le loro frustrazioni contro i “black-bloc” perché hanno vanificato quelli che erano i programmi della lunga e festante passeggiata capitolina. Ma ora il rischio che si corre è più grande, ed è quello di perdere di vista alcuni nodi chiave.

Anzitutto, la rinnovata fiducia al Governo. Fra mazzette, favori e clientelismo degni di un regime sudamericano, berlusconi (sì, con la b minuscola) l'ha sfangata di nuovo. E come se non bastasse, sono saltate fuori quattro nuove poltrone con relativi stipendi offerti dai contribuenti: due viceministri (Aurelio Misiti alle Infrastrutture e Katia Polidori allo Sviluppo Economico) e due sottosegretari (Giuseppe Galati all'Istruzione e Guido Viceconte all'Interno). Tanto basterebbe per passare da “indignados” a “incazzatos”.

Viviamo in un Paese in cui si usa sui manifestanti, anche pacifici (vedi l'esperienza di Chiomonte), il gas CS (contenuto nei lacrimogeni) che è cancerogeno e classificato come arma chimica, nonché vietato dalla Convenzione di Ginevra e nei conflitti internazionali. Acquistiamo questo materiale, per circa un milione di euro (alla faccia della crisi) dall'ex Jugoslavia. Non è ancora abbastanza?

Veniamo poi all'organizzazione della manifestazione italiana, che, come al solito, ha saputo distinguersi in peggio dal resto del mondo. Solo da noi, infatti, gli indignados hanno sfilato sotto bandiere di partiti e sindacati, assecondando, come al solito, il nostro ancestrale bisogno di un duce, di un lìder màximo. Qualcuno che ci dica cosa fare e cosa pensare. Alla faccia del “Basta casta”, sfiliamo assieme a parlamentari, agli stessi parlamentari che ogni giorno continuano a non fare assolutamente nulla per il Paese. E lasciamo loro spazio, alla fine della manifestazione, per comizi elettorali pieni di retorica polverosa.
Sempre a proposito di slogan, come non citare il mantra “Yes, we camp” che riecheggia in tutto il mondo e che ha visto piantare tende in ogni piazza d'Europa? In Italia non si è vista nemmeno una tovaglia da pic-nic. Nemmeno un blando tentativo di occupazione simbolica. Niente di niente.

Il ministro dell'Interno, Maroni, sbraita a reti unificate promettendo pene esemplari nei confronti dei delinquenti che hanno devastato la capitale, ma i suoi agenti di polizia per la giornata del 15 Ottobre hanno guadagnato meno di €15 lordi l'ora, uno straordinario, se così si può chiamare, che chissà se e quando percepiranno. E anche loro, forse, ne avrebbero ben donde per essere indignati.

Si può discutere sui fatti, sulle conseguenze e sulle degenerazioni. Ma credo che ci siano dati obiettivi da cui non si può prescindere e che in queste ore meno che mai si devono dimenticare.
Non credo che il pericolo venga dal black-bloc, quanto dal lassismo e dall'ignavia di questo Paese, poiché, citando Shakespeare, «è ben provato che con un'aria devota e un'azione pia inzuccheriamo lo stesso diavolo».

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