lunedì 2 gennaio 2012

Quei missionari sulle macchine volanti



di Pierpaolo Capezzera

Come probabilmente tutti sapranno, il 31 dicembre appena trascorso è venuto a mancare don Luigi Maria Verzé, conosciuto prevalentemente per essere stato il fondatore dell'ospedale San Raffaele di Milano, da tempo oramai sotto i riflettori della cronaca nazionale.

Accusato e, in alcuni casi, condannato, già a partire dal 1976, per reati quali tentata corruzione, abuso edilizio e truffa aggravata, viene oggi ricordato così da monsignor Zenti, vescovo di Verona, durante l’omelia: “don Luigi era dotato di una personalità estremamente complessa. Sbrigliata e indomabile. Persino contraddittoria in alcuni tratti. Aveva il culto della razionalità e della libertà, ma nello stesso tempo si lasciava guidare da una fede ecclesiale autentica e ben radicata, specialmente nell'Eucaristia”, aggiungendo che “'se ha avuto degli eccessi, la colpa va attribuita, per così dire, ad un eccesso di amore per i malati”. E allora, perché accanirsi contro un poveruomo che, per esempio, non sopportava l’attesa estenuante per il check-in prima dei voli, ragion per cui decise di acquistare un jet da 20 milioni di euro? Tutto ciò, probabilmente, per offrire un caffè appena macinato in Brasile ai suoi pazienti tanto amati. Così come una cupola larga quindici centimetri più di quella di San Pietro serviva sicuramente a far sì che l’ospedale fosse visibile sia a bassa che ad alta quota.
Ora, vorrei evitare di essere irrispettoso nei confronti di una persona scomparsa pochi giorni fa, e quindi mi limiterò a quanto detto sinora, ma non posso proprio esimermi dal parlare della classica, quasi stereotipata, santificazione funebre alla quale assistiamo ogniqualvolta scompaia una persona. Mi riferisco, tra le tante, alle parole di Al Bano, il quale, proprio sulla cupola, si è espresso così: “Nessuno ha mai parlato di cosa c'è sotto quella cupola, cioè una bella università, una fucina di nuovi cervelli di cui l'Italia ha bisogno”.
Personalmente, reputo già fastidiosa a prescindere l’usanza per la quale chiunque muoia diventa una brava persona il giorno del proprio funerale; figuriamoci, poi, quanto possa tale pratica estremizzarsi, quasi iperbolicamente, alla scomparsa di un uomo di Chiesa fondatore di ospedali. E così “l’imprenditore di Dio” è diventato “un uomo senza un soldo in tasca”, “che non pensava affatto ai soldi” (anche io, sinceramente, se avessi 20 milioni da spendere per evitare di fare la fila, dei soldi non me ne preoccuperei affatto). Devo dire, però, che la cerimonia è stata più austera di quanto pensassi: mi aspettavo di vedere il feretro arrivare in jet.

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