martedì 13 ottobre 2009

Prove di Plebiscito


di Andrea Passamonti
Fallito l’attacco al Quirinale per mezzo delle sparate contro il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale, il Cavaliere cambia strategia preparando la «Grande Riforma».
Si, perché malgrado i proclami che hanno caratterizzato questo primo anno e mezzo di “decretatura” «il miglior Presidente del Consiglio degli ultimi centocinquant’anni» non è riuscito a fare abbastanza, ostacolato dal colore contro il quale si batte da tempo, che sia questo il rosso delle toghe, quello delle bandiere o il rossetto della D’Addario.
Al vaglio del Soviet Supremo che si riunisce periodicamente a Palazzo Grazioli pare ci siano la riforma del processo penale, l’introduzione del presidenzialismo e il ritorno della vecchia immunità parlamentare.
Una vera e propria rivoluzione sottoforma di legge costituzionale che, non potendo ottenere la maggioranza qualificata in parlamento (presumibilmente le minoranze si opporranno), dovrà essere poi sottoposta a referendum, senza il quorum del cinquanta per cento.
In più non sarà possibile, come accade per i referendum abrogativi, giudicare le singole riforme, ma si dovrà accettare o rifiutare il pacchetto completo. O tutto o niente. Facile prevedere come il Capo trasformerà un tema così importante in un semplice plebiscito, pro o contro Berlusconi.
Ma e davvero necessaria una riforma generale dei poteri dello Stato?
In realtà è un dato di fatto che, sebbene formalmente sia una Repubblica Parlamentare, l’Italia dei governi Berlusconi è già da tempo una Repubblica Presidenziale, o meglio Presidenzialissima.
Il Presidenzialismo classico, che trova il suo massimo esempio negli Stati Uniti, prevede un forte bilanciamento dei poteri: il parlamento è totalmente indipendente dal Capo dello Stato e ha l’esclusiva potestà d’iniziativa legislativa.
Nel “Presidenzialismo” (sostanziale) italiano il parlamento è totalmente dipendente dal Premier (la legge elettorale gli permette di nominare i deputati uno per uno) e si limita a ratificare i decreti governativi.
Non si capisce dunque quale sia la convenienza di una riforma in questo senso, eccetto il mascherare una nuova “legge salvapremier” attraverso una più ampia riforma costituzionale.
Sperando che in caso di sconfitta non se la prendano con i referendum rossi.

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