martedì 13 ottobre 2009

Obama: un Nobel di speranza


di Claudia Giannini

“Non sono sicuro di meritarlo”. Ha mostrato la sua umiltà anche in questa occasione Barack Obama, quando, inaspettatamente, è stato insignito del Nobel per la Pace. Un premio che prima di lui ha riguardato personalità come Madre Teresa di Calcutta, Yasser Arafat e organizzazioni come Amnesty International.
Una bella responsabilità la sua. A maggior ragione considerando che gli è stato assegnato a meno di un anno dall’inizio del suo mandato, prima che potesse concretamente adoperarsi per la pace.
Eppure un motivo c’è. Obama è una grande speranza, non solo per l’America, ma per il mondo. Ed è una speranza che parla al mondo, usa le parole e comunica un cambiamento. Lo trasmette quando annuncia un rientro imminente dall’Iraq e quando sottolinea come il problema nucleare sia un problema di molti Paesi, non solo di alcuni.
È un Nobel per la pace dunque, che viene affidato sulla parola. Una parola importante e significativa, ma pur sempre da mantenere. Per questo Obama ha un grande e nobile fardello: deve convincere attraverso i fatti di meritare questo riconoscimento, ma ha tempo a sufficienza per poterlo fare.
Eppure la forza della sua personalità emerge già da quelle poche parole pregne d’ umiltà. Parole di chi si considera uno come gli altri, solo con più responsabilità. Quanto siamo lontani dagli anni amari dei suoi predecessori, quando un Bush che si credeva dio poneva la sua Presidenza e il suo Paese sul colle più alto del mondo.
Obama è un presidente innovativo e, se tramuta in fatti le sue intenzioni, può realmente cambiare l’America. Da paese guerrafondaio e arrogante, potrebbe tornare ad essere terra di libertà e fratellanza. Perché l’errore più grande dell’Occidente, in primis degli Stati Uniti,è quello di essersi sempre posto come domanda e come risposta, come verità assoluta, senza interpellare l’altra parte di mondo. E se davvero il primo presidente nero riuscirà in tutto questo, se cioè riuscirà a confrontarsi pacificamente con gli altri Paesi per risolvere problematiche ormai globali, allora potrà dirlo forte d’aver meritato il Nobel. Ma, sono certa, non lo direbbe mai, lascerebbe elegantemente ai fatti il compito di dimostrarlo. E noi saremo lì, ad applaudire.

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