martedì 17 novembre 2009

Latina, già Littoria, domani Città Fantasma

di Andrea Passamonti
Una volta c’era l’Agorà, la piazza in cui i greci amavano incontrarsi, parlare, discutere, vivere la propria polis nel suo centro storico culturale. Negli ultimi anni l’idea di Agorà ha ceduto il posto a progetti di trasformazione dei centri storici in «centri commerciali naturali». Due prospettive, quella greca e quella nostrana, che nonostante si basino su modelli opposti hanno un unico comune denominatore: rendere vivo, nel senso più vero della parola, il centro della città.
A partire da dicembre, con il nuovo piano della sosta, il centro storico di Latina inizierà il proprio decadimento fino a trasformarsi in quello delle più classiche città fantasma del Far West.
Non intendo soffermarmi sulla improduttività di una misura del genere in un periodo di crisi. Hanno avuto modo di parlarne già in molti, criticando senza vie di scampo una delibera comunale che, con commercianti e clienti già sotto il peso della crisi, decide di aumentare quella che è a tutti gli effetti una tassa sul consumo. Soprattutto se la delibera non è accompagnata da trasporti pubblici frequenti ed efficienti, come invece accade in tutte le città con zone a traffico limitato.
Credo sia più interessante soffermarsi sugli aspetti sociologici del problema.
Il centro di una città è il luogo di incontro per eccellenza. Quando i cittadini decidono di riunirsi è naturale che lo facciano nelle piazze caratteristiche della loro città, che diventano il principale strumento che ha l’amministrazione comunale per l’interazione sociale tra i propri cittadini. Riqualificare piazze e favorire la socializzazione diventa un dovere per chi aspira a governare una comunità.
Al contrario, la misura decisa dal Comune ha come unica e indiscutibile conseguenza quella di disincentivare l’appartenenza alla città e favorire rapporti con raggio massimo a livello di quartiere, se non addirittura di condominio. E per chi si sciacqua spesso la bocca con l’esaltazione della Littoria che fu, questa è una contraddizione inaccettabile.
Ma non è tutto.
La misura avrà effetti esponenziali se, come pare, il pagamento della sosta verrà esteso anche alla domenica, il giorno in cui i cittadini affollano il centro città.
Rispondendo alle accuse l’amministrazione ha provato a giustificare il provvedimento con l’esigenza di evitare parcheggi lunghi e favorire «soste dinamiche». In particolare per «restituire il centro storico ai residenti, alle famiglie ai commercianti e non renderlo schiavo di chi lavora negli uffici e dei non residenti» come l’assessore Patrizia Fanti ha affermato, non notando incongruenze ovvie nel suo ragionamento: che il centro è in realtà di tutti i cittadini (come ogni area pubblica), che è uno dei quartieri meno popolati e che i commercianti, senza il consumo dei non residenti, probabilmente durerebbero al più qualche mese.
Senza dimenticare che subiranno le conseguenze di questo atto di inciviltà anche (e forse soprattutto) gli utenti dei servizi pubblici del centro storico. Un esempio per tutti è quello degli studenti che frequentano quotidianamente la biblioteca comunale. Senza nessun tipo di agevolazione (ma anche se ci fosse sarebbe comunque un notevole costo in più) dovranno scegliere tra lo sborsare cinquecento euro l’anno, avventurarsi in un servizio di trasporto pubblico certamente non in grado di sopperire a un problema così importante o rimanere a casa, tra computer e programmi televisivi.
Insomma, c’è da augurarsi che in una prospettiva da Far West i cittadini si ribellino a questa ingiustizia come gli indiani si ribellarono ai cowboy, sperando che la storia ci regali un esito più felice.

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