martedì 8 dicembre 2009

L’Italia e il trattato di Lisbona


di Matteo Napolitano
Il due dicembre duemilanove sancisce l’ennesima data importante per il folto diario di bordo del’Europa unita, dopo i trattati di Roma e Maastricht, entra in vigore il trattato di Lisbona, a ribadire i maggiori principi, non solo politici, del vecchio continente.
In un giorno in cui andrebbe acclamato un nuovo “sforzo” democratico contro i fanatismi e le discriminazioni, in Italia abbiamo il piacere contorto di leggere titoli di importanti quotidiani che recitano: «Pugni e calci al ristorante, massacrato un gay», «Minacciata con un coltello e costretta al sesso orale», «Dall’inizio dell’anno più di settanta violenze contro omosessuali». Lo sdegno nasce spontaneo. E’ possibile che in un’Europa in crescita, L’Italia possa rappresentare il fulcro delle discriminazioni a sfondo omofobico e del non rispetto, dell’ormai alquanto riconosciuta, parità dei sessi? A quanto pare sì. A confermarlo non è solo l’ISTAT ma i maggiori centri di ricerca statistica europei e mondiali che, dati alla mano, ci descrivono e automaticamente bollano come paese violento, irrispettoso e sessista.
Se pensiamo alla nostra Costituzione poi lo sdegno si moltiplica poiché, martoriata da scelte politiche alquanto discutibili (vedi vari ddl) e minata dai poteri forti, viene ormai considerata meno della carta da parati e portatrice di valori che, a quanto pare, sono rimasti pietrificati nella storia dell’immediato dopoguerra, della lotta al fascismo e alle disparità nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo.
Tutti questi avvenimenti sembrano non farci riflettere, sembra come se queste tematiche così maledettamente attuali ci diano input negativi e ci spingano sempre più alla regressione.In conclusione, davanti all’ennesimo capitolo importante, è caduta ancora una volta la fragile maschera dell’Italia falsa europeista e, ora più che mai, falsa democratica. Bel Paese au revoir!

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