martedì 19 gennaio 2010

La Politica di Craxi merita un'analisi più attenta


di Andrea Passamonti
A dieci anni dalla scomparsa di Bettino Craxi si sta infiammando un acceso dibattito sulla riabilitazione del leader socialista, dibattito che nelle scorse settimane ha animato anche questo giornale.
Dieci anni, quando si parla di personaggi politici di così grande importanza rischiano di non essere sufficienti. Così è facile non distinguere affatto tra due ambiti molto importanti e che nel caso di Craxi hanno inciso fortemente sul suo giudizio: politica e giustizia.
Dico questo perché dall’analisi che viene fatta sugli anni di Craxi è sempre emerso il lato giudiziario, le inchieste di Tangentopoli, e mai (o quasi) quello politico.
Non è un caso dunque che la prima e per alcuni più importante disputa riguardi il termine con cui definire la permanenza di Craxi ad Hammamet, divisione che da un lato vede i difensori che la considerano un esilio e dall’altro gli accusatori che propendono per la latitanza.
La verità in questo caso credo sia nel mezzo e si esplica nella definizione di rifugiato che compare nella Convenzione di Ginevra come colui che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di […] appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese”, ovviamente con il benestare di uno Stato amico come la Tunisia. Se fosse stato un esiliato o un latitante non si spiegherebbe, rispettivamente, il perché non tornasse una volta richiamato e il perché nessuno avesse ottenuto l’estradizione.
Ma fermarsi qui senza un’analisi attenta di colpe e meriti di Craxi non avrebbe senso.
Il Psi e Craxi furono protagonisti indiscussi di quegli anni: in politica estera, economia, proposte di riforme istituzionali, diritti civili.
Ma forse la riforma più importante era stata quella di capire prima di altri la trasformazione della società: la critica al marxismo-leninismo e la riscoperta di Proudhon sulle colonne dell’Espresso erano l’inizio di un processo di trasformazione che avrebbe “tagliato la barba a Marx” e capito l’ascesa di una nuova classe di lavoratori.
Se oggi questo ci sembra scontato non si pensi che lo era allora, data la frequenza con cui a sinistra si perseverava con l’esaltazione del proletariato.
La politica estera di quegli anni ci ha reso un paese meno servo degli americani (Sigonella) e più lontano dai sovietici (euromissili), attento alle questioni mediorientali (Arafat e Olp) e libero da quelle religiose (revisione del Concordato).
In economia ci sono stati meriti, come il successo contro l’inflazione attraverso il taglio della scala mobile, e demeriti, la mancata attenzione riguardo un debito pubblico che continuava il suo trend ascendente e il conseguente mancato risanamento (entrambi gli aspetti sono evidenziati su Il Sole 24 ore di domenica).
Ci sarebbe da aggiungere altro, ma lo spazio è scarso e tangentopoli incombe.
Tutto il sistema politico della prima repubblica si reggeva sul finanziamento illecito.
Si finanziavano illecitamente socialisti, democristiani e comunisti. Prova ne è la mancata risposta alla questione sollevata da Craxi nel suo discorso alla camera del 1992: nessuno poteva dirsi estraneo all’apparato di cui faceva parte.Nonostante questo non mancarono forze politiche che colsero l’occasione per atteggiarsi a paladine della legalità, fomentando l’azione della magistratura e creando, insieme al mondo dei media, un’atmosfera di sciacallaggio per cui si diventava colpevoli al primo avviso di garanzia.
La politica che si fa giustizia.
La colpa più grande, di Craxi come di altri, fu forse quella di non denunciare un sistema in cui ricevere sostegni e contributi illeciti era prassi comune.
La colpa più grande della politica, di oggi come di allora, è quella di non saper guardare la realtà delle cose con distacco.
Oggi, a dieci anni dalla morte, la figura del Segretario socialista torna sulle prime pagine dei giornali. Tra riabilitazioni sentite e assoluzioni funzionali il ricordo migliore di Craxi può arrivare solo da chi, senza ipocrisie, ha saputo raccontare la sua politica come una storia.
Una storia socialista.

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