martedì 11 maggio 2010

Cinisi: nuova vittoria sulla mafia


di Matteo Napolitano
Tutti sappiamo che il 9 maggio, oltre all’anniversario del ritrovamento del corpo di Moro, si celebra anche l’anniversario della morte di Peppino Impastato, il ragazzo siciliano di Giordana, il protagonista di quella storia che tanto ci fa e ci ha fatto emozionare, l’instancabile “nemico” della mafia di Cinisi di cui solo i telegiornali sembrano averne cancellato la memoria.
Da quel famigerato e maledetto 9 maggio ’78 abbiamo compreso che la “guerra” alla mafia si combatte ora dopo ora, ed infatti proprio in questi giorni a Cinisi, il paesino in provincia di Palermo dove vivevano gli Impastato, è stata aperta per la prima volta la porta di casa di Gaetano Badalamenti, ‘o zu Tano, come tante volte dai megafoni di Radio Aut è stato chiamato da Peppino. La casa si trovava in corso Umberto 183, la strada principale di Cinisi, ed è quella stessa casa che nel 1985 due magistrati, Falcone e Borsellino, avevano fatto sequestrare; tre piani e una grande balconata che hanno visto sfilare negli anni quelli che sarebbero divenuti i maggiori esponenti di cosa nostra, Bernardo Provenzano, Luciano Liggio, lo stesso padre di Peppino e molti altri.
La casa simbolo della potente mafia siciliana oggi è totalmente smantellata, spogliata anche della sua essenza e di quello che ha rappresentato in passato, al posto dei vuoti lasciati dal tempo ci saranno coloro che fanno parte dell’associazione Peppino Impastato e tutti i cittadini che normalmente vorranno usufruire della biblioteca comunale.
Il giorno dell’inaugurazione non poteva mancare Giovanni Impastato, unico superstite della famiglia (la mamma di Peppino, donna Felicia, è morta nel 2004), che non solo ha ricordato il fratello e i ricordi legati a quella casa in cui da bambini giocavano e dove successivamente venne decisa l’esecuzione di Peppino, ma ha anche avvertito, insieme a Collovà, l’amministratore giudiziario per i beni sequestrati alla mafia, che “c’è ancora il rischio che i padrini possano riacquistare i loro beni ancora non assegnati”, il messaggio ovviamente era diretto alle istituzioni, troppo spesso coinvolte negli affari delle cosche.
La speranza ora è che questo messaggio venga sempre più recepito e che se ne approprino sempre più persone per continuare la lunga marcia di libertà e giustizia.

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