martedì 11 maggio 2010

Agorà, il film dell'anno


di Claudia Giannini
Alejandro Amenabar ha preso una vita e ne ha fatto un capolavoro. La vita è quella di Ipazia, filosofia alessandrina di fine IV secolo, personaggio eclettico e affascinante, che attraversa le vicende storiche con passo deciso.
La cornice è data dagli scontri violenti che hanno segnato Alessandria D’Egitto subito dopo L’Editto di Tessalonica emanato dall’Imperatore Teodosio I che rendeva il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero. La tradizione pagana veniva soppiantata con la violenza dalle nascenti sette cristiane, la più ortodossa delle quali è quella dei Parabolani.
In questo sfondo si muove con grazia la figura della protagonista, il cui fascino è reso ancora più eccezionale dalla sua reale esistenza storica. Nonostante non siano pervenuti suoi testi scritti, si sa che dedicò la sua vita allo studio, alla cultura, alla filosofia, all’insegnamento, in particolare dell’astronomia. Nel film questa ricchezza è ben testimoniata, così come la risolutezza di Ipazia nel non voler rinunciare alla libertà della propria ricerca, per piegarsi a un credo religioso, nonostante ciò le costi prima l’emarginazione e poi la morte.
La figura di Ipazia è bella. È bella perché non eccessivamente romanzata, né verso un’ideale di donna algida e ascetica, né verso l’ideale hollywoodiano dell’eroina rapita dalle passioni d’amore. Ipazia è semplice, nella sua intelligenza e nel suo coraggio, così come narrato anche da Socrate Scolastico in alcuni frammenti, ai quali probabilmente il regista ha fatto riferimento. Ed è proprio questa intelligenza, che l’ha fatta temere. Perché la coscienza libera di chi è in grado di mettere in crisi dogmi e leggi, non può far altro che spaventare coloro che queste leggi le detengono. La storia non è mai a lieto fine. Ipazia fu uccisa dai Parabolani. Fu colpita da pietre. Solo questo particolare Amenabar ci risparmia, porgendocelo con l’espediente di una scena emozionante a dir poco, proprio sul finire del film, laddove ormai ci si è innamorati di questa donna e di tutto ciò che la sua figura rapprendenta.
Infatti la bellezza di questo film e ciò che lo rende ancor più interessante, è l’attualità delle tematiche che, nonostante traslate su un piano di quasi duemila anni fa, non sembrano lontane dagli scontri ideologici tra scienza e religione che ancor oggi infiammano la società.
Dal punto di vista estetico nulla da eccepire. Ogni scena potrebbe essere un quadro e, ad uno sguardo più attento, non mancano metafore visive originali. Non aspettatevi scene d’amore strappalacrime, ma il fascino garbato e delicato di sguardi e gesti inaspettati. Aspettatevi scene violente, ma nulla che si discosti troppo dal reale, anzi la cruda realtà, senza abbellimenti o esagerazioni.
Aspettatevi un gran film, insomma. Forse il più bello degli ultimi anni. E una grande donna, che forse non è stata ancora scoperta a sufficienza e che, tanti secoli fa, ha avuto il coraggio di ribellarsi in nome dei propri ideali, in una società resa ancor più misogina dal culto cristiano nascente.
E mi viene da paragonarla ad una delle stelle alle quali ha dedicato la sua vita. Un lampo di luce deciso nel buio e la fermezza, la perfezione, l’essenzialità del punto.

Nessun commento:

Posta un commento