martedì 30 novembre 2010

Questa inspiegabile lotta studentesca


di Martina Nasato
La Gelmini non capisce cosa c'entrino i pensionati con gli studenti. Perché mai il passato si dovrebbe preoccupare del futuro, se il presente è il primo a fregarsene? Chissà. E poi perché gli studenti si scagliano contro una riforma che è fatta “per il loro bene”, che permette una migliore distribuzione delle risorse e più possibilità per tutti? Sono strumentalizzati, è chiaro. Come fanno i giovani a non apprezzare una riforma che taglia i fondi all'istruzione pubblica e lascia intatti quelli destinati a scuole e università private? Come si fa a non capire che l'accesso di membri esterni nei consigli di facoltà (ovviamente mossi da motivi economici) creerà più mobilità e più efficienza? Chiaramente poi ogni corso di studi sarà asservito agli interessi delle aziende che riescono ad accaparrarsi l'ambita poltrona consiliare, ma che importa se, ad esempio, un aspirante farmacista viene indottrinato da una casa farmaceutica? Al diavolo la cultura libera, lunga vita al dio denaro. Finalmente ci sarà più meritocrazia, ma solo per chi potrà permettersela: le tasse universitarie si impenneranno progressivamente via via che gli atenei verranno convertiti in fondazioni. Ma è assolutamente per il nostro bene. Chi protesta fa gli interessi dei baroni dell'università, baroni che questo Governo vuole contrastare con ogni mezzo. Infatti, il mandato del rettore è stato limitato a una durata di sei anni. Peccato che nel corso del mandato gli vengano riconosciuti poteri pressoché assoluti, da esercitare assieme ai membri esterni da lui scelti per i consigli di amministrazione. Chi protesta è fomentato da “quelli dei centri sociali”, pericolosi dissidenti politici che non pendono dalle labbra della televisione. Chi protesta merita di essere menato: come osano avere opinioni proprie? I ragazzi dovrebbero apprezzare gli sforzi di chi da mesi cerca di sostituire i vecchi baroni con nuovi padroni.

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