martedì 30 novembre 2010

Wikileaks, libertà di stampa o nuova forma di terrorismo?


di Andrea Passamonti
Qualche settimana fa la rivista americana Time, celebre per pubblicare ogni anno sulla copertina di dicembre l’immagine della “Persona dell’Anno”, lanciava un sondaggio su Internet per consultare i lettori sull’imminente scelta. Il sondaggio non è ovviamente vincolante per la rivista, ma la preferenza dei votanti è andata sul nome del fondatore di Wikileaks: Julian Assange.
Non ci è ancora dato sapere su chi ricadrà la vera scelta del Time, ma è certo che anche se non sarà l’ufficiale “Persona dell’Anno”, Assange sarà sicuramente quella dei prossimi mesi.
Wikileaks non ha nulla a che vedere con la Wikimedia Foundation (che gestisce i vari Wikipedia, Wikiquote, ecc), ma utilizza lo stesso prefisso “wiki” che nel linguaggio informatico indica un sito aperto alla condivisione di tutti gli utenti. Aggiungete “leak” (fuga [di notizie] in inglese) e capirete subito di cosa si tratta. Proprio seguendo questo principio il sito riceve in forma del tutto anonima documenti segreti o confidenziali di Governi o aziende private.
Il sito è online da quattro anni, ma ha già pubblicato importanti documenti: tra i temi più importanti già trattati da Wikileaks ci sono la guerra in Iraq, quella in Afghanistan, Guantanamo e altri ancora, fino ad arrivare alla pubblicazione dei documenti riservati del governo americano.
Dai documenti già pubblicati (una minima parte rispetto a quelli in possesso del sito) vengono fuori informazioni importanti.
Trascurando le pagelle che le varie ambasciate trasmettevano al Governo Americano – che tra l’altro evidenziano la bassa considerazione verso il nostro Presidente del Consiglio, relegato a portavoce di Putin in Europa – appare più importante soffermarsi sui documenti che escono direttamente dalla Segreteria di Stato di Washington. Questo perché se da un lato i giudizi edulcorati sui Leader mondiali non aggiungono nulla a quanto già si sapeva o intuiva, creando solo enorme imbarazzo tra diplomatici spesso costretti a fare buon viso a cattivo gioco, dall’altro si evince come gli Stati Uniti spiavano non solo Stati alleati e nemici, ma anche funzionari dell’Onu e persino il Segretario Generale Ban Ki-moon. Il tutto in palese contrasto con gli accordi internazionali.
Non è ancora il momento di emanare sentenze - è necessario aspettare prima l’intera pubblicazione e perché questa termini ci vorranno settimane se non mesi - ma i governanti dei paesi colpiti dall’uragano Wikileaks si sono già scagliati contro Assange e i suoi collaboratori accusandoli di far parte di una nuova forma di terrorismo. Commento esagerato? Si vedrà, ma ciò che è certo è che le relazioni diplomatiche e le operazioni di intelligence da oggi non saranno più le stesse. Le spie torneranno a consegnare i dispacci a mano, lontani da possibili hackeraggi? I diplomatici saranno più prudenti nello scrivere i documenti da inviare a Washington, sapendo che questi potranno essere letti da qualun altro? È presto per dirlo, come è presto accusare Assange di essere il diavolo o di lodarlo come se fosse un messia.
Sulla copertina del Time hanno trovato spazio Gandhi, Einstein e i Rivoluzionari Ungheresi, ma anche Hitler, Stalin e Putin.
Solo il tempo ci dirà da che parte inserire Wikileaks.

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