di Andrea Passamonti
Qualche settimana fa la rivista americana Time, celebre per pubblicare ogni anno sulla copertina di dicembre l’immagine della “Persona dell’Anno”, lanciava un sondaggio su Internet per consultare i lettori sull’imminente scelta. Il sondaggio non è ovviamente vincolante per la rivista, ma la preferenza dei votanti è andata sul nome del fondatore di Wikileaks: Julian Assange.
Non ci è ancora dato sapere su chi ricadrà la vera scelta del Time, ma è certo che anche se non sarà l’ufficiale “Persona dell’Anno”, Assange sarà sicuramente quella dei prossimi mesi.
Wikileaks non ha nulla a che vedere con la Wikimedia Foundation (che gestisce i vari Wikipedia, Wikiquote, ecc), ma utilizza lo stesso prefisso “wiki” che nel linguaggio informatico indica un sito aperto alla condivisione di tutti gli utenti. Aggiungete “leak” (fuga [di notizie] in inglese) e capirete subito di cosa si tratta. Proprio seguendo questo principio il sito riceve in forma del tutto anonima documenti segreti o confidenziali di Governi o aziende private.
Il sito è online da quattro anni, ma ha già pubblicato importanti documenti: tra i temi più importanti già trattati da Wikileaks ci sono la guerra in Iraq, quella in Afghanistan, Guantanamo e altri ancora, fino ad arrivare alla pubblicazione dei documenti riservati del governo americano.
Dai documenti già pubblicati (una minima parte rispetto a quelli in possesso del sito) vengono fuori informazioni importanti.
Trascurando le pagelle che le varie ambasciate trasmettevano al Governo Americano – che tra l’altro evidenziano la bassa considerazione verso il nostro Presidente del Consiglio, relegato a portavoce di Putin in Europa – appare più importante soffermarsi sui documenti che escono direttamente dalla Segreteria di Stato di Washington. Questo perché se da un lato i giudizi edulcorati sui Leader mondiali non aggiungono nulla a quanto già si sapeva o intuiva, creando solo enorme imbarazzo tra diplomatici spesso costretti a fare buon viso a cattivo gioco, dall’altro si evince come gli Stati Uniti spiavano non solo Stati alleati e nemici, ma anche funzionari dell’Onu e persino il Segretario Generale Ban Ki-moon. Il tutto in palese contrasto con gli accordi internazionali.
Non è ancora il momento di emanare sentenze - è necessario aspettare prima l’intera pubblicazione e perché questa termini ci vorranno settimane se non mesi - ma i governanti dei paesi colpiti dall’uragano Wikileaks si sono già scagliati contro Assange e i suoi collaboratori accusandoli di far parte di una nuova forma di terrorismo. Commento esagerato? Si vedrà, ma ciò che è certo è che le relazioni diplomatiche e le operazioni di intelligence da oggi non saranno più le stesse. Le spie torneranno a consegnare i dispacci a mano, lontani da possibili hackeraggi? I diplomatici saranno più prudenti nello scrivere i documenti da inviare a Washington, sapendo che questi potranno essere letti da qualun altro? È presto per dirlo, come è presto accusare Assange di essere il diavolo o di lodarlo come se fosse un messia.
Sulla copertina del Time hanno trovato spazio Gandhi, Einstein e i Rivoluzionari Ungheresi, ma anche Hitler, Stalin e Putin.
Solo il tempo ci dirà da che parte inserire Wikileaks.
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