martedì 29 marzo 2011

Kant e la Libia


di Claudia Giannini

Da quando esiste il mondo, esiste il conflitto. È nella natura dell’uomo scontrarsi per i propri interessi, laddove per interessi voglio intendere anche la difesa di un ideale o di una prospettiva di vita. Gli avvenimenti libici sono l’ultima triste testimonianza di questa tendenza. Volendo vedere, hegelianamente, nella storia un suo perché, una qualche forma di rassicurante telos (fine, scopo) possiamo sforzarci di pensare che il sangue che scorre nelle piazze sia il prezzo da pagare per la conquista della libertà. È sempre pericoloso e sospetto legittimare la violenza per il raggiungimento di scopi, ancor di più se questi scopi sono lungi dall’essere definiti. Frattini ha prospettato la possibilità di un asse italo-tedesco per la risoluzione del dopo-conflitto libico e per la costruzione di un orizzonte democratico. Risparmiandoci l’amara ironia sulle conseguenze dell’ultimo asse italo-tedesco che la nostra storia ricordi, viene da chiedersi in che modo due forze occidentali, democratiche sulla carta, in piena crisi partecipativa, senza stabilità governativa né coerenza politica (mi riferisco al nostro Paese in particolare, considerando meno grave la situazione della Merkel in Germania, anche se la decisione sul nucleare mostra la difficoltà di seguire una linea politica coerente), in che modo queste due “forze” aspirano al ruolo di riformatrici di una società, come quella libica, in piena crisi? Che sia l’ennesima dimostrazione della presunzione, europea e americana, di farsi garanti di valori democratici all’estero, senza riuscire in realtà a onorarli sul proprio territorio? Di certo la situazione è estremamente complessa. Il conflitto esiste e, forse, esisterà sempre. D’altra parte non si può rinunciare all’ideale puro di una “pace perpetua”. E a questo proposito ci viene in aiuto Immanuel Kant, a testimonianza della forza senza tempo di alcune idee filosofiche. Nel suo saggio del 1795, per l’appunto “Per la pace perpetua”, Kant individua con lucidità e realismo, principi che dovrebbero a suo avviso valere universalmente per garantire una situazione di equilibrio tra stati nazionali. Nello specifico Kant sostiene: la necessità di forme di Governo repubblicane; che il diritto internazionale deve fondarsi su una federazione di stati liberi; che il diritto cosmopolitico deve essere limitato alle condizioni di ospitalità universale. Non serve andare oltre, basta soffermarsi su questa triplice articolazione della teoria, per comprendere quanto sia lungimirante il Signor Kant. In sostanza, guardando alla Libia: primo,necessità democrazia (attenzione, la si considera processo endemico, mai spinto o imposto dall’esterno); secondo, decisioni a livello internazionale tra stati liberi e, c’è da aggiungere, con lo stesso peso decisionale;e in ultimo, ospitalità universale. E a questo punto, viene da chiedersi cosa penserebbe Kant di fronte alla proposta del bonus di ritorno per i clandestini (1500 euro per tornarsene in patria) proposto dal nostro Governo. Le soluzioni teoriche, come si vede, ci sono già da oltre duecento anni. Ma nessuno ha interesse ad applicarle.

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