martedì 15 giugno 2010


di Andrea Passamonti
Siamo all’inizio dei campionati del mondo e più di Maradona in abito da sposo con rosario al seguito, più dell’antipatia di Lippi e più del rumore delle insopportabili vuvuzelas, a stupire il mondo è un popolo che all’inizio del secolo scorso aveva destato sorpresa, ma in negativo.
Se ci guardiamo indietro non è passato poi molto tempo dalla proclamazione delle leggi razziali da parte della Germania nazista, emanate a protezione del sangue della razza tedesca. Oggi però la situazione sembra completamente cambiata e la nazionale tedesca ne è l’esempio lampante: dei ventitre tedeschi convocati per i mondiali solo in dodici sono figli del terzo reich, gli altri hanno origini a dir poco diverse, ma non per questo sono meno tedeschi. La nuova nazionale ha origini cosmopolite: Turchia e Polonia, ma anche Nigeria, Bosnia e Tunisia, fanno della Germania un paese che nonostante le difficoltà che ha dovuto affrontare (guerra, ricostruzione, muro) ce l’ha fatta. Un paese che ha abbandonato il suo Sonderweg, quella sua tanto ricercata diversità dall’occidente, per integrarsi con il mondo mantenendo pur sempre un forte carattere nazionale. Lo dimostrano proprio i giocatori della nazionale, che non parlano solo le loro lingue d’origine, ma si esprimono con accenti e dialetti dei vari Lander. Ma la capacità di questa nazionale è anche quella di dare forte spazio ai giovani, ponendosi tra quella con la più bassa età media. Se poi si accetta l’idea che lo sport rappresenti o comunque anticipi la realtà sociale di un paese, si capisce bene cosa simboleggi la rosa tedesca. Che poi i risultati diano i frutti sperati è solo un aspetto secondario, la Germania è riuscita nella sua rinascita.
Se poi si guarda cosa succede al di qua delle Alpi verrebbe anche da assecondarli nel loro Deutschland über alles. Ma solo in questo. Per il resto, forza azzurri.

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