mercoledì 16 novembre 2011

Cosa c'è dopo la battaglia..?


 


Giò Marino

Sin da bambina, i miei sogni hanno dominato l'intera esistenza: volti, incontri,suoni assordanti,gelido silenzio,mobilità immobile in un fitto mosaico di fotografie immaginate, impresse nella mia mente.
Immagine, sogno...teatro.
Lo spettacolo “Dopo la battaglia” di Pippo del Bono, ci trasporta in un'atmosfera dalla dolce essenza onirica e anche un po' magrittiana che ci fa dialogare con noi stessi e guardare da vicino “la battaglia” che attanaglia il Mondo intero.
Artaud,Kafka,Pasolini,Alda Merini e Alejandra Pizarnik.Le loro parole si intrecciano a tratti crude e taglienti a tratti delicate e, vengono riproposte dal regista stesso, con una interessante introduzione di video, tecniche cinematografiche, musica e danza, il tutto per completare il suo teatro,un puro teatro dove a dominare è la Sua voce calda e cavernosa, che ci racconta,attraverso astrazioni e profondi respiri,il suo viaggio nella battaglia, ipnotizzando le anime degli spettatori, le più sensibili, le anime in fuga,le anime in conflitto, le anime in viaggio che credono nella forza del teatro.
E allora la follia, la malattia,l'esclusione... i nostri giorni.
“Come si può fare uno spettacolo allegro con tutto quello che accade ogni giorno nel mondo?” questa è la risposta che il regista da a tutte quelle persone(compresa la madre che appare, semplice nel suo stile, in un video proiettato durante lo spettacolo) che gli consigliano di fare spettacoli più leggeri...
Di qui la beffa: tutti fanno poesia,ma pochi vivono la poesia.
E allora tutto diventa sterilità senza sensibilità.
Per Del Bono la battaglia è un viaggio personale che riesce a far vivere anche a suoi spettatori.
Il teatro,il ritmo,la danza e poi via... cullati dalle onde del mare.
La scena è in penombra, il colore che prevale è il grigio, di alte mura che sembrano schiacciarci; i personaggi che popolano quel piccolo mondo immaginario sono dei tipi piuttosto bizzarri che si muovono plastici ,nello spazio dinamico della scena, ma non lo riempiono del tutto anzi, lasciano posto all'affanno del vivere in quest'epoca di crisi: tutto è morto, gli spettatori e gli attori sono intrappolati nell'ansia dell'esistere;la cultura è morta e con lei i diritti dell'uomo e i valori quelli veri.
Non muoiono però né la danza né il teatro: è infatti attraverso questi due che possiamo vedere anche noi,con gli stessi occhi di Pina Baush, quel giardino incantato che viene intrappolato da uno scatto.
Il rosso contrasta con il grigio, le tre ballerine sembrano tre rose che sbocciano nel palco deserto.
Ad accompagnarci c'è il violino malinconico di Balanescu, la danza tribale di Grazia Spinella,la leggiadria della prima ballerina dell'etoile de Paris e la sperimentazione artistica di Marigia Maggipinto.
Tutti queste anime vibranti si intrecciano in un susseguirsi di ritmi incalzanti e melodici che giocano nella scena. Appare però,tra tutti,un personaggio che balza subito all'occhio poiché, pur essendo così piccolo riesce a dominare l'intera scena, con un'energia superlativa: quest'uomo si chiama Bobò e ha vissuto nel manicomio di Napoli per ben 50 anni.
A Bobò piacciono le bandiere, ama sventolarle e possederne quante più possibili, Bobò è
sordo-muto ma nonostante ciò, riesce a destreggiarsi con una bravura invidiabile sul palcoscenico, tenendo il tempo e il ritmo in maniera quasi impeccabile.
E' proprio a questo Omino che Del Bono dedica il suo spettacolo:”a lui, che mi ha salvato in un momento buio della mia vita!” …
Decisivo infatti è stato questo incontro di cuori:tra comprensioni e attrazioni, si ritrovano ora,a collaborare l'uno affianco all'altro compagni di vita.
Tra paure, sofferenze, male di vivere..cosa c'è dopo la battaglia?
Forse la voglia di fuggire,tornare e poi ritornare, piangere ridere,perdersi per poi ritrovarsi e ritrovare quella lucidità, quella fede, continuare a credere in quel sogno, a credere che la poesia è nel vivere la vita...
Dopo la battaglia si torna ad essere... mare e nel mare l'onda, senza paura.

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