martedì 17 gennaio 2012

Centri di detenzione in Italia: centri di distruzione


Matteo Napolitano

Sono davvero allarmanti le parole pronunciate da Napolitano riguardo la situazione dei centri di detenzione italiani. “Ci sono 68 mila detenuti relegati in edifici che non ne contengono più di 46 mila”. Una tortura legalizzata.
E pensare che l'Italia è stata il suolo natìo di Cesare Beccaria. L'insigne giurista e pensatore milanese, già nel '700, aveva capito che “non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che, in alcuni eventi, l'uomo cessi di essere persona e diventi cosa”.
Proprio oggi il ministro della giustizia, avv. Paola Severino, riferirà alla camera le misure per riparare a quest'ignobile emergenza, un'emergenza da terzo mondo, l'immagine di un paese che non è più in grado di farsi rispettare e allo stesso tempo di rispettarsi.
La casa circondariale di Bari, dalle immagini e i video sparsi sulla rete in questi giorni, non ha nulla da invidiare alle peggiori galere di Caracas o Bogotà. E così moltissime altre. Detenuti costretti in celle minuscole, trattati come topi di fogna, stipati in spazi invivibili dove l'aria è viziata e irrespirabile, nervosi come cani che non vedono la luce.
Questa sarebbe la realtà penitenziaria presente che “favorisce spazi di costruttiva interazione”? Questi sono esempi di come si sviluppi la psicologia penitenziaria? Scrivo questo perchè queste, sono le parole riportate sui siti di alcuni dei maggiori istituti di pena italiani.
A quanto pare, la rieducazione e la successiva reintgrazione del detenuto nel sociale sono passate in secondo piano, è passato in secondo piano l'obiettivo principale della detenzione penitenziaria in seguito a giusto processo e solo per alcuni “fortunati” sembra siano state dimenticate le nozioni di certezza del diritto e certezza della pena.
Un altro dato allarmante, e dimenticato, è l'inestimabile perdita di vite umane a causa di suicidi in carcere. Sul sito sempre aggiornato dell'Agenzia “Ristretti Orizzonti” si può leggere che, nel periodo compreso tra il 1980 e il 2007, il tasso di suicidi all'interno dei centri di detenzione è stato VENTI volte maggiore rispetto a quello registrato nella popolazione libera. I suicidi più frequenti avvengono, prevalentemente, nelle carceri più affollate e nei primi giorni di detenzione, quelli in cui si prospetta un vuoto incolmabile, quelli in cui si perde la voglia di andare avanti.
In questa situazione l'individuo non conta più. In questa situazione l'Italia, rappresentata dalle sue istituzioni, permette, riprendendo Beccaria, che in nome della legge l'uomo diventi cosa. In un paese (che si dice) civile tutto questo non può essere accettato.

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